Casa delle Api

Cameje 27 Marzo 2009

Venerdì 18 Settembre 2009

Cameje                                                                                                         27 Marzo 

 

Siamo pronti,  si torna a Cameje, dobbiamo controllare se le speranze riposte l’ultima volta sono state vane o se il popolo di api dell’Angola ha deciso di collaborare con noi. Andiamo a visitare un nostro apiario qui installato  l’altro giorno abbiamo notato api ronzare intorno a quattro delle sette arnie adesso è da verificare se ci siano le famiglie all’interno dell’arnia o se era solo un’ispezione di quei curiosi insetti.

Passiamo a prelvare Bento e Celestino, le tute sono state caricate nel pick-up, macchine fotografiche alla mano, binocoli e si parte.

Spero di incontrare nuovamente mandrie di buoi scortate dalle loro  guardie del corpo, gli aironi che qui si comportano un pó come i nostri gabbiani, e dato che qui non c’è il mare, volano appunto sui rifiuti.

L’incontro con le api è stato meraviglioso, le arnie erano davvero popolate da famiglie, qualcuna piú discreta, ha già chiuso le porte di casa con la propoli, preferisce lavorare nella tranquillitá, non vuol ricevere viste, che siano di altri insetti o che siano da parte dell’uomo;  le rispettiamo profondamente sono i nostri primi colleghi di lavoro, non tentiamo neanche di aprire il coperchio dell’arnia, le lasciamo lavorare in pace, solo a maggio quando ci sarà la raccolta del miele faremo la loro conoscenza.

Camminiamo nell’erba alta per diverso tempo, Daniele e Celestino sono molto piú avanti di noi, io sono alla ricerca delle mie bacche preferite, come vengono chiamate in lingua Cokwe jinguenga hanno un sapore un pò acre, ma al tempo stesso dolce, tio Bento mi ha assicurata che sono assolutamente commestibili ed io mi faccio autare proprio da lui nella mia ricerca.

L’incontro con un piccolo camaleonte mi eccita e mi anima tantissimo, corro avanti a chiamare Daniele, so che gli fará piacere osservarlo, e così rallentiamo la nostra marcia e restiamo immobili lì al suo lato.

Qui è tutto così meravigliosamente vero: è vera la mantide religiosa che priva di vergogna si lascia studiare dai nostri occhi mentre si pulisce le zampe e l’antenna, è vero il grillo trascinato dalle formiche che ci taglia il cammino, sono veri quegli uccelli meravigliosi di cui non conosco il nome dal colore bluastro, il becco arancio e la coda piatta e lunga, proprio lunga, sono veri i leoni, due, avvistati nei pressi di Cangumbe, ma questi spero che non mi taglino mai il cammino né che mi diano mai la possibilità di osservarli mentre curano l’igiene personale.

Mentre gli uomini della squadra preparano nuove soluzioni per i coperchi delle arnie, mi arrampico sul pick-up per tirare foto dall’alto e pe osservare meglio l’infinita  Savana che mi circonda, invito a salire su anche Lazaro, il figlio del guardiano del sito di Cameje, lui é proprio solo al mondo , in tutto il villaggio non abita nessuno oltre la sua famiglia composta da quattro persone, non ha amici, non ha nessuno con cui parlare, mi capisce, capisce e parla alla meno peggio il portoghese, gli porgo il binocolo e lo invito a guardare attraverso e l’immensità che si apre nei suoi occhi è ben maggiore di quella Savana che dalla nascita lo nasconde al mondo.

 

Valeria Pennella

 

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Luena 25 Marzo 2009

Venerdì 18 Settembre 2009

Luena                                                                                                         25 Marzo 2009

 

Sono già diversi giorni che sono qui in questa città, non prevedo trasferimenti a breve, inizio ad abituarmi a questa vita, sebbene anche qui non ci siano molti momenti per riposare, gli obiettivi da raggiungere sono tanti, il tempo invece no, cerco di tuffarmi nella mia anima per meglio capirmi.

L’esistenza  qui nella sua nudità piú totale si mostra davanti ai miei occhi per quella che è e con estrema mia meraviglia ciò che un giorno mi inorridiva oggi non mi spaventa piú, la fame non mi sembra più essere la più grande piaga dell’umanità.

Vedo constantemente persone vivere ai margini  della sopravvivenza, ma col sorriso sulle labbra.

Stamattina con Daniele avevamo tanti progetti poi ci hanno avvisati che un aereo  militare avrebbe probabilmente portato in città alcune delle nostre valigie allora abbiamo rimandato tutto a domani, ora è meglio concentrarci sul recupero dei nostri bagagli.

Ci mettiamo in cammino alla solita velocità, penso che non abbiamo mai superato i 15 Km orari da quando siamo qui. Devo fare una piccola divagazione, altrimenti tutto diventa complicato da comprendere:

Luena (o Lwena come si dice in lingua cokwe) è una grande città, o meglio lo era forse in tempi coloniali, ora come il resto dell’Angola, fatta eccezione per Luanda, é un dedalo di strade di terra rossa mista a rifiuti, ma mista proprio nel senso che non si capisce bene dove sia presente l’una, dove l’altra, poi ogni 10, 20 metri pile di immondizia.

L’odore a volte è davvero forte, per fortuna siamo nella stagione delle piogge, sole intenso ma per poche ora e poi acqua che aiuta a lavar via almeno l’odore.

Beh premessa fatta posso continuare il mio racconto.

 Dunque fra un saluto e l’altro ai bimbi della mia strada ne ricevo uno che mi ha lasciata disarmata per ore, un bambino accovacciato su un cumulo di materiale di diversa provenienza, con le calze abbassate intento a defecare sorridendo mi ha lanciato un bacio. Sono arrivata in aeroporto stranita, e il fatto che le nostre valigie non fossero sul volo militare appena arrivato non mi ha toccata affatto, avevo ben altro da digerire e metabolizzare.

Alle ore 15:00 ci hanno chiamati nuovamente, un nuovo aereo era in arrivo,questa volta  siamo riusciti a recuperare parte dei bagagli.

Daniele mi manda avanti, lui resta in macchina, arivo al portellone dell’aereo con le gambe tremanti, non so perché mi fa quest’effetto, ma la polizia di qui mi spaventa a morte: le facce sono serie, dure, rabbiose, l’idea che per trent’anni si siano uccisi eserciti da un lato e dall’altro sminuisce ai miei occhi l’importanza della vita, mi fa sentire come invisibile ai loro occhi, anzi piú che invisibile, priva di qualsiasi valore.

Con un sorriso forzatissimo chiedo al soldato vestito di blu l’autorizzazione ad entrare nella stiva, ma lo scivolo di entrata é troppo alto perché io lo raggiunga, l’uomo del quale non ricordo assolutamente il volto piuttosto che rispondermi, si avvicina, mi cinge la vita con un braccio e sono dentro, nella stiva. Cerco fra i vari pacchi e trovo alcune delle  nostre valigie, ringrazio e di nuovo con un semplice movimento del suo braccio sono giú, sta volta in compagnia di tre borsoni.

Devo ancora abituarmi alla guerra e agli effetti che genera su chi l’ha vissuta!

 

Valeria Pennella

 

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Luena 23 Marzo 2009

Venerdì 18 Settembre 2009

Luena                                                                                                          23 Marzo 2009

 

Con lo suardo quasi assente e molti pensieri nella testa esco dalla mia stanza, in casa mi aspetta il capocantiere dei lavori di costruzione della futura ‘Casa delle api’ (questo il nome del nostro progetto), quasi non mi accorgo della presenza di Gastão, il guardiano di notte, mi sorride a denti alterni, ricambio e poi lui inizia con la sua solita cantilena:

-L’Angola é in pace, la guerra é finita, l’Angola ha una storia!

Solitamente rido di ció, di un sorriso triste ovviamente, ma stasera piú che mai mi incuriosiscono i suoi pensieri, allora piuttosto che ripetere all’unisono il suo manifesto politico  gli domando:

-          Gastão cosa ricordi della guerra?

-          L’Angola è in pace……….

-          Fermo fermo, i portoghesi Gastão, i portoghesi..

-          Non ci sono piú , sono andati via.

-          Hai mai sparato Gastão?

-          Si, i portoghesi sono andati via

-          Hai mai ucciso Gastão?

Mi guarda carico di tutta la sua follia e poi in tono nuovo aggiunge:

-          Mi mettevano un fucile in mano, non sapevo cosa stessi facendo, ma i portoghesi hanno ucciso tanti angolani

Ho  bisogno di sdrammatizzare, per quanto sia possibile, anche se tutto qui porta addosso le cicatrici della sofferenza, d’improvviso ricordo la sua storia, qualcuno me  ne aveva parlato al mio arrivo, che stupida, avevo dimenticato che da bambino aveva assistito allo sterminio della sua famiglia, che era poi diventato un guerrigliero e aveva viagiato in tutta l’Africa come tale, mi carico di tutte le energie positive che posseggo e questa volta sono io a sfoggiare un sorriso quasi folle, poi comincio:

L’Angola é in pace, la guerra é finita, l’Angola ha una storia…

 Le parole di Italo mi vengono alla mente, il giorno in cui Savimbi veniva ucciso e terminava la guerra in Angola, lui era qui, era il 2002, volontario tentava di ricostruire case, edifici, venuto a conoscenza della fine della guerra, si rivolse alla sua gente e disse:

-          Vado via, la guerra é finita.

Lo guardarono e poi gli risposero

-          È proprio ora invece che abbiamo bisogno di te, ritorneranno tutti, e aggiunsero

Quem ficou na mata aprendeu só a matar”  

(chi é stato nella mata ha imparato solamente ad uccidere)

Con la parola mata gli angolani definiscono qualsiasi area con erba alta e alberi, quella che si incontra qui é propriamente savana, non eccessivamente alberata ma savana, è qui che Savimbi elesse il suo popolo, é qui che si nascose negli ultimi temi della sua vita, è qui che ha visto la morte: assassinio dettato dalla fame di un popolo o suicidio mosso dalla disperazione?

Una guerra che porta il marchio made in:Unione Sovietica, Cuba, Stati Uniti, Repubblica democratica del Congo, Sudafrica, forse Angola.

 Fin dove arriva la cupidigia umana?

Sintetizzare in poche riche la storia dell’Angola non é affatto cosa semplice, tenterò di fare comunque uno sforzo, saltando a grandi balzi in avanti con la storia.

Nel lontano 1483 quando i portoghesi sbarcarono in Africa trovarono il regno di Manikongo, una popolo per la maggior parte di etnia bantu, approfittando delle condizioni di pace precaria che esistevano al tempo nei territori africani i portoghesi crearono nel 1574 il regno di N’gola.

Avevo premesso che avrei fatto salti di interi secoli, e cosí farò, non è indispensabile conoscere tutte le vicissitudini del periodo coloniale ma alcune questioni segnano per sempre la storia di un popolo: il regno di N’gola fu uno dei paesi maggiormante segnato dalla tratta degli schiavi, si considera che dal 1574 ala fine del XIX secolo siano stati deportati verso le coste brasiliane oltre 3 milioni di persone, nonostante il commercio di schiavi fosse terminato nel 1830.

Beh con le date i portoghesi qui in Angola non hanno mai avuto dei buoni rappori, non è solo quella della abolizione della schiavitù a non venire rispettata, ma anche  il processo di decolonizzazione messo in atto all’indomani della Seconda Guerra Mondiale non fu tenuto in considerazione e l’Angola continuò ad essere considerata quale colonia portoghese.

Già solo queste poche notizie stimolano il pensiero, inducono a generare riflessioni, e la politica qui non c’entra niente, per il momento.

Sicuramente il periodo coloniale dell’Angola è stato ben differente da quello delle altre colonie africane, una tratta dei “negri” senza remore alcune, persone considerate al pari di animali, sulle quali è facile imporre il marchio del diritto di proprietà, l’arrivo in Brasile poi riservava non poca crudeltà e la vendita al mercato del Pelurinho di Salvador da Bahia non era affatto il momento peggiore della vita di uno schiavo angolano.

Sta di fatto che quando il Portogallo rifiutò di cedere l’indipendenza all’Angola, questa si alzò in piedi, e a mio avviso (e qui sicuramente c’entra le mia personalissima visione politica degli equilibri mondiali) anche se zoppicando a causa della poliomelite che imperversa in queste zone, alla fine se lasciata sola avrebbe potuto farcela, ma la storia non andò così.

Semplificando, ma davvero molto, in Angola si crearono tre movimenti per l’indipendenza, ma solo due scrissero il destino di questa terra:

Il primo l’MPLA , il Moimento Popular de Libertaçáo de Angola fu fondato da Agostinho Neto, è il partito attualmente al potere, nato dall’ideologia marxista ora  di impronta social-democratica, accetta il libero mercato; l’altro schieramento era rappresentato dall’UNITA, União Nacional para a Indipendência Total de Angola, guidato da Jonas Malheiro Savimbi leader indiscusso fino al giorno della sua morte.

I due partiti non raggiunsero mai accordi politici e non arrivarono uniti all’indipendenza, piuttosto si crearono due governi: quello di Neto con sede a Luanda; quello di Savimbi ad Huambo. In poco tempo l’ MPLA ricettevette riconoscimenti mondiali, ma Savimbi non ea affatto intenzionato a cedere la presidenza totale al suo avversario, neanche quando Agostinho Neto morì e gli succedette l’attuale presidente in carica José Eduardo dos Santos.

Dal 1976 al 2002 fu la guerra!

A chi interessa sapere quanti morirono da un lato quanti dall’altro, a chi preme conoscere l’avanzamento di una fazione piuttosto che l’altra? Quello che interessa è che ci furono ventisei anni di scontri armati. Ventisei anni? Come puó un popolo appena uscito da un’epoca coloniale, che non aveva consentito l’emancipazione del “negro” né tanto meno del creolo affrontare ventisei anni di conflitto?

E qui mi sia concesso spiegare ventisei anni con un susseguirsi di parole senza nessi grammaticali ma unite da litri di sangue e di denaro sporco:

Agostinho Neto, MPLA, José Eduardo dos Santos, Unione Sovietica ,Cuba, PETROLIO, Jonas Malheiro Savimbi, UNITA, Stati Uniti, Sudafrica, Congo, DIAMANTI.

Solo per dare un’idea:

L’UNITA cominciò a produrre diamanti su larga scala solo alla fine degli anni ’80, il valore della sua produzione passò da 4 milioni di dollari nel 1984 a 14 milioni nel 1989. Si consideri che negli anni dal 1994 al 1997, l’esportazione di diamanti dell’UNITA

rappresentava il 10% di tutta la produzione mondiale, e permetteva all’ UNITA di comportarsi come uno stato indipendente.

Ma esiste davvero un mercato di diamanti cosí grande? Magari non è poi così diffuso, magari al 2002  l’offerta superava di gran lunga la richiesta, magari questa è solo una mia personalissima riflessione…………..

 

Valeria Pennella

 

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Cangumbe, Moxico

Lunedì 14 Settembre 2009

Cangumbe, Moxico                                                                                    19 Marzo 2009

Mwata Jesu iamba kuli tumbaji

Tuenhi nguenhi kachi te umue mazanga

Kuiza kunhima iami akalikale muene

Ambate kulusu jenhi eze hanga akgukaule

Eze eze eze

Hanga angukaule

 

………….E il Signore Gusù disse ai suoi apostoli, chiunque voglia  abbandoni tutto prenda la sua croce e mi segua..eze eze eze  mi segua………………………………………..

 

Succede di nuovo, dopo soli cinquanta metri di distanza percorsa, il pck-up si infanga nuovamente, è la stagine delle piogge ed è facile rimanere bloccati per ore nella sabbia rossa, le strade sono impercorribili, per fortuna non siamo soli in sei il lavoro diventa meno duro. L’idea di ritornare al villaggio mi eccita troppo e le quasi cinque ore di viaggio sembrano non pesarmi.

Atraversiamo quattro, forse cinque villaggi poi dopo tanta attesa eccoli lì, i vagoni dismessi della vecchia ferrovia portoghese, portano addosso i segni di una guerra senza Dio, fermi nel tempo e nello spazio bloccati lì su quelle uniche rotaie ancora intatte e un pò  distante da loro ma non troppo, la speranza della vita.

Un vagone solitario ribaltato, forse da un colpo di carroarmato, è tenuto in aria dalla necessità di sopravvivere, alberi sono nati al suo interno e radici ben salde lo tengono fermo lì, come obbligato ad osservare il mondo che lo circonda, tutt’attorno altissimi girasoli cercano la luce e si incontrano col cielo, come metafora del popolo di questa terra paradisiaca.

I ruderi delle case portghesi testimoniano i quattrocento anni di splendore di questo centro ora privo di acqua di elettricità, di costruzioni.

Arrivo in casa con la mia squadra, un ulteriore sopralluogo, abbiamo bisogno di abbassare i costi e diminuire i tempi, il nostro progetto di apicultura deve cominciare, il popolo di Cangumbe necessita di una speranza nuova, necessità di poter credere al futuro. Una volta in casa ritorno nella mia condizione di pesce in un acquario, osservato da tutti i lati, spiato, commentato. I bambini alle finestre sono centinaia, siamo oggetto di interesse, la casa, i lavori, perchè mai qualcuno dovrebbe venire a stare qui si domandano, poi giro lo sguardo per inviare qualche bacio volante come sempre e incrocio gli occhi fissi di Paisinho

-Bom dia Valéria

Mi dice sorridendo, ed io resto lì felicemente sorpresa dal fatto che già conoscano il mio nome.

 

Valeria Pennella

 

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Luena, capitale del Moxico

Lunedì 14 Settembre 2009

Luena, capitale del Moxico                                                                        18 Marzo 2009

 

Da circa due ore siamo fermi all’aeroporto di Luanda, aspettiamo un piccolo aereo privato, trenta posti, che ci porterà a Luena, non si è mai certi che l’aereo arrivi, nè tanto meno che riparta, ma speranzosi attendiamo seduti che qualcuno gridi il nome della nostra compagnia aerea.

Finalmente il nostro turno, l’aereo è davvero piccolo, per entrarci bisogna chinare il capo, in russo sono riportate tutte le scritte sui portelloni e russi credo siano i due piloti bianchi un pò grassocci e con un viso inespressivo.

Inaspettatamente, nonostante le pessime condizioni del veivolo, il viaggio non da preoccupazioni e ci porta a destinazione nel tempo previsto.

Luena è tutta altra cosa, totalmente differente dalla capitale angolana, conserva il sapore della sua storia colniale, poche casa a testimonianza del suo passato, poi baracche di terra, di lamiere, di fango, di paglia.

Ho un pò di nostalgia della gente lasciate a Luanda, sono fatta così, quando sono in stato di vulnerabilità tendo a legarmi alle persone che mi prestano aiuto e ad assegnarle un posto nei miei pensieri, nei miei ricordi, per sempre.

L’accoglienza non è delle migliori, abbiamo un duro incarico io e il mio collega Daniele, prima di riuscire ad impiantare una casa di raccolta e lavorazione del miele in un vilaggio qui nel Moxico, dobbiamo sconfiggere il ricordo dell’equipe che ci ha preceduto, fallendo nel progetto e nelle relazioni al suo interno e con le persone del posto.

Sarà difficile, abbiamo sei mesi di tempo perchè un sogno si trasformi in una speranza, altrimenti dovremo lasciare il progetto.

Cangumbe sarà il nostro luogo di lavoro, lì una casa di una vecchia missione aspetta di essere risistemata alla meno peggio per poi accogliere le nostre vite quotidiane , nel fattempo rimarremo qui a Luena ospiti di altri cooperanti, ognuno come noi entusiasmato dalla possibilità di aiutare questa Nazione a lasciarsi alle spalle le sofferenze di trenta anni di conflitti armati.

Un vecchio deposito al lato della casa è stato ripulito per ospitare i miei sonni, un ragno mi osserva distesa nel mio letto, la luce di una candela mi aiuta a fare la stessa cosa nei suoi riguardi. Chissà a cosa pensa, forse anche lui mi trova alqanto strana e forse pensa “Che sarà mai quel ragno oversize con solo quattro zampe? Perchè è nella mia casa? Cosa gli sarà successo?”

Viaggiando sulle onde della fantasia mi addormento, ma non spengo la fiamma della mia candela, lascio che per questa prima notte mi faccia compagnia, del resto il facino di mamma Africa spaventa, e anche di più.

 

Valeria Pennella

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Luanda, capitale dell’Angola

Lunedì 14 Settembre 2009

Luanda, capitale dell’Angola.                                                                    17 Marzo 2009

 

Una goccia di sudore mi scivola giù dal mento e lenta, come volersi adattare ai ritmi del posto, mi percorre il collo per poi cadere a terra senza far rumore, attratte dalle mie gambe attaccatice, rese tali dall’umiditá, alcune zanzare richiamate dal mio odore fanno banchetto. Rifletto sulle parole dettemi poc’anzi da pd. Gino, ripeto a me stessa di non aver fretta, di mettere da parte aspettative e ambizioni e di cominciare a vivere l’Africa per quella che è. Domani sarà una giornata difficile, un piccolo aereo mi poterà a Luena, sono stata  molto fortunata, in condizioni normali non esistono voli interni, ma tra qualche giorno ci sarà la visita di Benedetto XVI e tuto il paese è in fermento. Ho perso tutti i bagagli, dicono siano rimasti ad Addis Ababa, i padri della missione salesiana che mi hanno ospitata in questi giorni si sono impegnati a ritrovarmele e a spedirmele in qualche modo, ci conto poco, ma non ho molte alternative.

Oggi sono uscita dalla missione e accompagnata da un ragazzo del posto sono andata alla ricerca di qualche libro e con stupore ho potuto constatare che ancora esistono infiniti echi della colonizzazione portoghese; laddove era  proibito andare a scuola l’istruzione é diventato un bene di lusso ugualmente inaccessibile per la maggior parte della popolazione. Fino alla scorsa settimana Luanda deteneva il primato come città più cara del mondo per gli stranieri, non so cosa sia accaduto in questi ultimi sette giorni, ma stà di fatto che i prezzi continuano ad essere alle stelle. I diamanti  prima, il petrolio poi e tutti e due insieme ora hanno attirato in Angola in pochissimo tempo grandi uomini industiali e potenti da tutto il mondo, e d’improvviso i prezzi sono saliti alla stelle, e solo per dare qualche cifra, il costo di un appartamento in città altalena dai 5.000 ai 30.000 dollari mensili. Questa  situazione, come da bene ad immaginare, lascia alle persone comuni solo lo stato di miserabilità; eppure per le strade se si esula dai miloni di persone deturpate e mutilate dalla guerra, se si ignorano i bambini che lustrano le scarpe, se non si prendono in considerazione coloro i quali dormono ai margini delle strade, la città é tutta tesa verso una esasperata volontà di apparire proiettati verso una seconda Dubai.

Palazzoni di cemento di nuovissima costruzione, casinò, alberghi di fama mondiale fanno da landscape ad un traffico sempre più lento, percorrere circa duecento metri può richiedere anche più di un’ora, la città è congestionata da centinaia di pick up che si riversano a tutte le ore per le strade, strade costruite di notte dai figli del Sol Levante, (forse qui come in una colonia penale, disinteressati o forse semplicemente impediti dall’integrarsi nella società), alle quali bastano poche gocce di pioggia  perchè, poichè prive di sistema di scolo, si riempiano d’acqua, allora la macchina diventa una sorta di seconda casa, e rischi di rimanerci dentro per tutta la vita.

Tra i tanti quartieri poveri e più poveri, la costruzione della Ilha che sarà quartiere di punta della Luanda by night, sorgerà al posto della più realistica località di Lixeira, letteralmente discarica a cielo aperto: casette di lamiere e fango dominano il quartiere dall’alto delle loro montagne di spazzatuta.

 Rifiuti,  questo l’humus sul quale atecchiscono le loro fondazioni.

 Il governo ora ha iniziato un processo di sfollamento delle masse:

In che direzione si muoverà l’orda della maggior parte abitanti dell’Angola? Quanta miseria e povertà porteranno con loro? Mentre il capitalismo come effetto di uno tzunami si riversa sulle coste africane, riuscirà questo popolo a sfamarsi delle sole briciole che cadono dalle bocche piene e avide dei potenti che banchettano col futuro del mondo?

Osservo le navi cargo al largo del porto di Luanda, in attesa di entrare da forse quattro, cinque mesi e mi domando fin dove può spingersi l’animo umano, fin quando sarà possibile giocare così col destino delle vite altrui.

 

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La storia di un granello di sabbia….

Mercoledì 20 Agosto 2008

Quando stai sognando qualcosa intensamente, talmente intensamente da poterla quasi toccare con mano, e quando ogni parte del tuo corpo e della tua mente si muove verso quel sogno senza farsi domande…..  a volte accade in modo assolutamente misterioso, segreto e irrazionale che quel sogno, con la stessa imprevedibilità di una stella cadente, si avveri. La tua mente non crede a ciò che sta vedendo, ma il tuo corpo si…. lo dicono i tuoi occhi che stanno brillando di gioia.

La sensazione è quella di essere parte di un ordine superiore, lo stesso che nell’universo lega ogni cometa alla propria orbita, lo stesso che accompagna la nostra storia e che in quel preciso istante riusciamo a percepire….

Stiamo parlando di una piccolissima storia, piccola come un granello sabbia africana…. Per me, che mi trovo a far parte di questa storia da solo una settimana, si tratta di un granello troppo piccolo per poter essere riconosciuto tra un milioni di granelli. Per chi questo granello lo ha sognato e scelto, questa breve storia rappresenta qualcosa di più, molto di più…..

Prima della guerra civile l’Apicoltura era una delle principali attività produttive del Moxico. Il 60 per cento del miele importato in Portogallo proveniva proprio da questa terra. La linea ferroviaria ormai dismessa che da Luanda percorre tutta l’Angola fino ad arrivare al villaggio di Cangumbe, è li a testimoniare come in tempi passati in questa regione fosse presente una florida attività produttiva. La guerra ha spazzato via tutto. Con il progetto “Una casa per le Api” l’Associazione LumbeLumbe vuole aiutare gli abitanti di Cangumbe a riprendere l’attività di apicoltura. Tornare a produrre miele in questi villaggi è un sogno alla cui realizzazione sono contento di poter contribuire durante questi giorni.

In questa prima settimana a Lwena abbiamo lavorato all’apiario sperimentale di Cameje per superare una fase fondamenale del progetto, la realizzazione di un modello di arnia economica da proporre  a coloro che vorranno avvicinarsi all’apicoltura. L’arnia è stata completata proprio stamattina, abbiamo utilizzato solo materiali naturali: con tronchi di legno di varia dimensione abbiamo realizzato la struttura, con il tapì (una sorta di paglia diffusissima nella savana) il rivestimento esterno, infine abbiamo usato un impasto di sabbia e acqua per rifinire la parte interna. Siamo tutti molto soddisfatti del lavoro, dopo aver fatto vari tentativi finalmente siamo riusciti a costruire un’arnia che ci soddisfa, presi dall’entusiasmo decidiamo di chiamarla arnia LumbeLumbe, ben sapendo che alla fine quest’arnia non deve piacere a noi ma alle api. Questo nome lo incideremo su di un pezzo  di legno che attaccheremo direttamente sull’arnia.

Quando nel pomeriggio torniamo a Cameje per completare i 2 supporti che mancano a completare l’apiario nessuno inizialmente nota il via vai di api attraverso la piccola apertura dell’arnia. È il  segno che in realtà le api sono già entrate.

Il collaudo è programmato proprio per il pomeriggio. Alle 17.00 abbiamo l’appuntamento con un apicoltore angolano, per acquistare una famiglia di api che in qualche modo cercheremo di far entrare nell’arnia, per verificarne l’efficacia. Ma la risposta è già lì proprio sotto i nostri occhi. Mentre stiamo prendendo alcune misure Celestino alza la testa e fissa con lo sguardo l’arnia Lumbelumbe, io lo guardo. “Abellas????” dice con espressione incredula,  e sbatte gli occhi per assicurarsi che quei piccoli insetti che volando dentro e fuori dall’arnia siano realmente api. È infatti incredibile ma vero, nelle 2 ore in cui ci siamo allontanati da Cameje una famiglia di api ha occupata la nostra arnia, come a volerci ringraziare dell’attenzione che abbiamo messo nel costruire quella piccola casupola formato ape. Noi siamo felicissimi e grati, ma grati a chi? Grati a questa famiglia di api che ha trovato rifugio proprio nel nostro apiario? Grati alla natura e al suo equilibrio? Non lo sappiamo, ma ci addormentiamo con la sensazione che nemmeno il più insignificante granello di sabbia sia finito su questa terra per puro caso.. ed è una gran bella sensazione!!!!

Daniele Davini

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Venerdì 24 Agosto 2007

Immagini che mostrano le varie fasi di recupero di un alveare tradizionale. Siamo a circa 20 km da Lwena nei pressi del villaggio di Moachimbo.

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Foto 01

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Foto 02

 

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Foto 03

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La partenza

Venerdì 24 Agosto 2007

Martedì 17 luglio,

finalmente dopo tante peripezie e ritardi, documenti persi e date sbagliate… eccoci a Fiumicino belli e pronti a salpare per quest’avventura… il destino sembra metterci alla prova, visti i numeri, ma subito tenta di distoglierci da pensieri scaramantici, regalandoci un bel 13, grande e lucido, di fronte ai nostri occhi: la porta d’imbarco al nostro volo. Si parte davvero, valigie pesate, zaini e computer in spalla, e una grande, grandissima voglia di partire… “ I signori passeggeri sono pregati…” E vai, si parte!… Direzione Parigi, europeissimo Charles De Gaulle, e poi giù, a tutto sud verso la nostra prima meta: Luanda. Buche, strade sterrate, fogne, pozze putrescenti, cani randagi… No, non è più Parigi, “seja bem vindos na Lixeira”, sembrava esserci scritto…ed eccoci qui, catapultati nell’altro mondo, a sole una decina di ore di distanza dall’opulenta, e traboccante Europa.

Sveglia africana: il buon giorno, si vede dal mattino! Alle sei e mezza si comincia a battere alla porta: “ Ragazzi…! ” È Italo, che tenta di mantenere il suo ruolo d’autorità anche in terra d’Africa… Niente da fare, la voce risuona vigorosa… È la resa dei sogni… “ Sull’attentiiii…! ”, la gamba fa capolino dalla zanzariera, il bianco del mattino invade tutto… Addio sogno… Ci rivediamo stanotte! La giornata ha inizio: padre Marcelo alla guida, e tra buche e folate di vento nauseabondo, cominciamo il nostro “tour turistico”, attraverso le bellezze naturali e architettoniche dell’immondezzaio. Baracche e lamiere, tetti di fango, pire ardenti di rifiuti, fiumi di gente polverosa… Ma ecco, all’improvviso una speranza si staglia inaspettata all’orizzonte: la faraonica struttura a cinque piani della scuola di Lixeira costruita dalla missione Salesiana di Dom Bosco. Oasi nel deserto, miracolo tra i tetti, non si riesce a credere a ciò che si vede, tanta è la disperazione di quei luoghi, e tanta è l’efficienza e la tenacia di questi “piccoli uomini” missionari. E si continua per chiese, oratori, centri di salute incastonati come gioielli tra gli infiniti vicoli di miseria. Impariamo umilmente come la volontà e la speranza possono cambiare le cose. Ed è così che la prima settimana scorre veloce e piena, sotto i nostri occhi ancora troppo pieni d’occidente e di infinite inutili comodità. Arrivederci Luanda… Lwena ci aspetta.

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Luanda - Lixeria

 

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Bambini della Lixeria

 

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La vita quotidiana nella Lixeria

 

 

 

 

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Info

Mercoledì 25 Aprile 2007

Apicoltura in Angola

I dati finora trovati in letteratura sull’apicoltura in Angola documentano una produzione di miele di 15.000 tonnellate (dati FAO riferiti al 1982). Non sono poche, se consideriamo che questa produzione globale rappresenta la seconda, dopo l’Etiopia, per il continente africano, e la 17° a livello mondiale. La stessa fonte stima in 8.000 tonnellate la produzione italiana.

Il progetto pilota si svilupperà nel Municipio di Cangumbe, zona di Lwena, nella Provincia di Moxico, e a Dondo dove i Salesiani hanno una scuola di agronomia. Cangumbe è un grosso villaggio a 80 km da Lwena (2/3 ore di jeep), in rapida espansione per il rientro dei profughi scappati a causa della guerra civile. Attualmente vi risiedono 80/100 famiglie, ma la popolazione è molto fluttuante.

Altitudine 1.450 mslm. Clima tropicale di montagna, ricco di foreste.

Nella regione di Lwena la stagione delle piogge va da dicembre a marzo (stagione estiva con temperature alte);

Le fioriture iniziano a maggio;

La sciamatura, presumibilmente, dovrebbe avvenire nei mesi di giugno/luglio;

La raccolta del miele si effettua nei mesi di settembre/ottobre.

Dati climatici

Il territorio angolano può essere suddiviso in tre fasce climatiche:

  • Deserto: Clima tropicale desertico lungo la costa, caldo con precipitazioni poco significative. La fascia desertica è ampia al sud, sempre più stretta verso nord e arriva fino alla capitale Luanda.
  • Steppa: Fascia intermedia caratterizzata da alte temperature e precipitazioni scarse e periodiche.
  • Savana: Fascia interna con estati calde e inverni miti. Le precipitazioni sono da moderate a forti e confinate nella stagione estiva.


Temperature:

Mese più freddo luglio 15/20°C.

Mese più caldo gennaio 25/30°C.

Le temperature medie presentano una debole variazione compresa tra i 5 e i 15°C tra il minimo e il massimo di una data località.

Precipitazioni:

Il periodo di massime precipitazioni coincide generalmente con l’estate (gennaio). Nel sud/ovest le piogge si concentrano in autunno (aprile).

Anche il regime pluviometrico si presenta in fasce con precipitazioni massime nel nord/est (da 1.000 a 1.500 mm), e minime nel sud/ovest (da 400 a 500 mm)

Il continente africano, come anche quello sudamericano, è lambito lungo la costa occidentale da una corrente fredda proveniente dall’Antartide, la corrente di Benguela. Questo fatto spiega il clima arido delle regioni costiere.

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Apis mellifera ligustica (Ape italiana)
foto di Arturo Gianvenuti

 

 

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