Archivio del 2010

inesorabilmente il tempo passa

Lunedì 22 Novembre 2010

 

Inesorabilmente il tempo passa..lascia il segno su di noi e su tutte le cose, spesso sono segni visibili come i capelli bianchi, le rughe o quel buco sulla cintura che non vuole chiudersi ma ci sono altri che portiamo dentro e sono invisibili ma spesso sono i più profondi e incancellabili.

Oggi sono andato nella “mata”con il vecchio Samba, Benjamin ed Albano,lo scopo era quello di posizionare un poche di arnie prima della mia partenza, ecco il vero motivo di questo mio racconto!!!

Da signore della foresta quale è,quando ho fermato la macchina,Samba è sparito, un attimo prima è li con te, poi ti giri e non c’è più, è ritornato dopo pochi minuti portando con se funghi e frutta selvatica, intanto che discutevamo come e dove posizionare le arnie, abbiamo mangiato la frutta e, con forza, mi ha colpito il fatto che sto partendo ed era l’ultima volta che entravo nella foresta con queste persone che mi hanno accompagnato in questa mia avventura angolana che dura oramai da 1 undici mesi.

La partenza dall’Italia è  stata un’incognita. Si doveva, in pochi mesi, concludere un’opera che per innumerevoli problemi, stentava a partire. Arrivare dalla evoluta Italia in una zona sconosciuta dell’Angola, mi metteva in ansia, la responsabilità era grande e tante cose c’erano da fare in poco tempo, però queste tre persone che oggi mi hanno accompagnato nella foresta sono state,assieme ad altri angolani, il punto focale della riuscita del progetto.

Lascio in Angola tante cose, qualche chilogrammo di peso, un dente che si è rotto,gli occhiali che con la sabbia sono rovinati, vestiti che sarebbero solo un peso in più da portare in valigia ma anche un grosso pezzo del mio cuore ed oggi l’incognita più grande è  proprio il ritorno.

Per venire qui ho lasciato: un lavoro, la famiglia, gli amici, una casa, la vita nevrotica moderna. Ho trovato un’altra casa, tanti amici, una vita semplice ma serena, i ritmi della vita nel villaggio che sono regolati dal sole e non dall’orologio e ritorno in questa mia patria che sembra carica di problemi ben superiori a quelli che ogni giorno affronto qui, nel Moxico.

Da un paio di giorni, quando mi collego ad internet, cerco notizie italiane per mettermi al corrente delle cose che succedono, le cose che vedo mi fanno pensare ed ho quasi più paura ora a tornare che il giorno nel quale sono venuto, eppure torno a casa!!!!

Ho imparato una nuova lingua, usi e costumi locali, il fatto di alzarmi senza problemi alle 5,30 del mattino per iniziare a lavorare, ho avuto la soddisfazione di fare questa esperienza che cercavo da tanto tempo e……tutto questo mi ha sicuramente cambiato, sto vedendo la vita da un lato diverso.

Qui l’importante è essere non apparire, puoi andare in giro con i calzoni a brandelli ma devi lavorare per avere il rispetto delle persone, io “o chefe” il capo, sono oramai considerato “da tropa” cioe’ militare perchè non mi fermo e do, dal buon insegnamento di Italo Pierobon, la spinta a fare le cose.

Dovrei scrivere un romanzo per ricordare tutte le cose che ho visto ed assorbito in questi mesi,forse è  meglio dire che ci sono e resteranno tanti segni indelebili nel mio cuore e nella mia mente in questa mia esperienza in Angola.

Sicuramente devo ringraziare Lumbelumbe per avermi dato questa possibiltà e non posso dire altro che…….

Moio weno Angola …….. arrivederci Angola

Claudio Tommasini

 

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ferragosto a Cangumbe - Angola

Giovedì 19 Agosto 2010

 

Il 14 agosto è arrivato a Cangumbe Padre Luigi, sta portando in giro per il Moxico un gruppo di volontari della Ispettoria dei salesiani di Torino a loro volta accompagnati da Padre Leo che da anni si occupa di portare gruppi di volontari, per fare un esperienza sul campo, in giro per il mondo.
Proseguiranno per Cangonga, dove dormiranno la notte e poi domenica ritorneranno qui nella casa dei volontari per mangiare e dormire ma, prima di tutto questo, per partecipare alla messa e per essere presentati alla comunità di Cangumbe.
L’arrivo con un fuoristrada, caricato all’inverosimile, stretti nei sedili e tra i pacchi di alimenti, giochi, bidoni di benzina, gruppo elettrogeno, sacchi a pelo e brandine. I volontari escono tutti per stiracchiarsi e fare un brevissima visita alla casa del miele, conosciamo così questi 7 ragazzi che hanno una età variabile dai 23 ai 40 anni e molti hanno avuto già esperienze nel mondo della solidarietà ma solo una delle ragazze è già stata in Africa.
Dopo il piccolo giro e un tè tutti assieme, la carovana riparte, ci ritroveremo domani pomeriggio al ritorno da Cangonga, passeremo assieme il giorno di ferragosto.
Domenica mattina ore 6, si sente bussare alla porta, è il catechista che vuole chiedere cose per l’arrivo di Padre Luigi, bisogna dire che l’arrivo del padre crea nella comunità un certo scompiglio, tutti sono agitati, infatti già a quest’ora il catechista si è presentato per chiedere informazioni e per sapere se i ragazzi avrebbero mangiato volentieri una “capra de mata” capra della foresta.
Gli spiego che secondo me la “capra de mata” non è indicata, uno per il fatto che è secca e due perché questi ragazzi, in Angola per un esperienza di un mese, non hanno ancora lo stomaco abituato a tutti i cibi tradizionali del luogo. Inoltre i frigoriferi, nel villaggio, non esistono per cui tutta la carne che viene catturata nella “mata”, o viene consumata velocemente oppure viene fatta seccare al sole, per la felicità di una quantità inverosimile di mosche, poi assume un aspetto ed un odore che per i nostri palati europei non è molto indicato.
Dico quindi al catechista che sarebbe meglio utilizzare questa carne come “tambula” offerta, durante la messa.
Passa un poco di tempo ed ecco che arriva “kaka”nonno,Samba il quale mi ripete la storia della carne ed io ripeto quello che ho detto al catechista.
La mattina scorre veloce con un viaggio al fiume per prendere un poco d’acqua e subito dopo pranzato,al suono della bombola del gas,che qui sostituisce la campana della chiesa, arriva la macchina di Padre Luigi con tutti stretti dentro.
I ragazzi scendono lamentandosi della strada, in effetti è molto disagevole per le schiene, portano dentro nella casa dei volontari tutte le masserizie e poi si va alla messa.
La partecipazione è buona, ci sono tante persone, complice la presenza di tanti ”cindele” bianchi, presenti e che tutti vogliono vederli.
 

La messa viene celebrata da Padre Luigi e Padre Leo, poi tutti fuori a giocare con i bambini, mentre in chiesa si prepara per la proiezione di un film su Maria.
Poi ci spostiamo nella casa dei volontari per preparare la cena, le ragazze danno una mano, anzi preparano anche un dolce che con il grana e un salame, sono i piatti forti sulla tavola, per noi volontari di LumbeLumbe, qui da diversi mesi, cose quasi dimenticate!!!.
La cena finisce presto e si sbaracca il salone per prepararlo alla notte, le ragazze avranno una camera tutta per loro ma tutti gli altri si preparano le brandine nell’ambiente più capiente della casa, il salone.
Si parla un poco dell’esperienza che stanno facendo ma la stanchezza ha la meglio su tutti noi, domani sarà una lunga giornata africana, i ragazzi devono fare circa 60 km di fuoristrada per visitare un villaggio ed io devo andare a Luena per provvedere ad acquistare materiali ed altre cose per la costruzione.
Andiamo tutti a letto con la sensazione di aver passato un ferragosto speciale, in mezzo alla foresta angolana.
Claudio Tommasini

 

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le topoline

Martedì 10 Agosto 2010

Quasi tutte le favole e le belle storie per bambini iniziano con “C’era una volta”….
C’era una volta un gruppo di ragazze che sono venute a fare una esperienza di volontariato con LumbeLumbe nel villaggio di Cangumbe.
Caterina, Ilaria ed Antonella, principesse dei giochi e topoline sempre attive, hanno animato le giornate dei bambini, attivando un nuovo ramo del progetto “La casa delle Api”, costruire un gruppo di adolescenti locali che con l’animazione ed i giochi possano far crescere,in maniera diversa,tutti quei bambini che prima erano abbandonati per le vie del villaggio.
L’orco cattivo non c’è in questa storia ma la possibilità che questi bambini crescano senza affetti e senza giochi è reale.
Ogni giorno da quando sono qui ed oramai sono tanti mesi, vedo al mattino, molto presto, bambini di 3-5 anni che vagano per il villaggio come fantasmi, cercando l’uno con l’altro la compagnia e la sicurezza, i giochi si riducono ad un vecchio cerchione che fanno rotolare per la sabbia con un bastone di legno oppure giocano con una palla, fatta di vecchi sacchi della spazzatura, tenuti assieme con il nastro adesivo.
Nelle tre settimane che le principesse erano al villaggio, le cose sono cambiate,hanno organizzato il gruppo degli animatori, hanno trovato un responsabile, hanno dispensato latte in polvere e zucchero come aiuto alimentare e in special modo hanno portato un bella confusione nella casa dei volontari,cibo italiano e sensazioni dimenticate.
Il progetto di far giocare i bambini continuerà, gli animatori sono motivati, il supervisore anche,il capo-progetto dovrà periodicamente controllare e monitorare quello che fanno ma mancheranno fisicamente le ragazze che con la loro partenza hanno lasciato un grande vuoto nel villaggio.
C’era la fila il giorno che se ne sono andate, per sottolineare quanto la loro presenza è stata gradita da tutti,qui a Cangumbe.
Anch’io mi ero abituato a loro,dopo tanti mesi di convivenza con Massimo Capua l’apicoltore.
L’arrivo di Italo con le ragazze ha portato una bella nota di novità e non solo.
Per la prima volta dopo tanto tempo, il ritorno a “casa”, dopo aver accompagnato il gruppo all’aereoporto per la partenza verso l’Italia, è stato pesante, normalmente ho la sensazione di tornare verso casa e le stelle mi fanno compagnia lungo la pista che da Lwena conduce al villaggio di Cangumbe.
Questa volta, guardando le stelle,pensavo alle volte che siamo usciti nella notte per vedere questo spettacolo, Caterina un giorno mi ha detto che pare di essere dentro una bolla, una di quelle piccole bolle di plastica che se le agiti cade la neve, qui invece pare che cada il cielo.
Sono tornato a “casa”e tutti mi danno il ben tornato anche se non lo ammetto con gli altri,sono triste e stanco, vorrei andare subito a dormire ma una confusione alla porta attira la mia attenzione.
Esco per sgridare chi sta facendo questo “barulhio”confusione,trovo tanti bambini che tutti assieme chiedono,il gioco dell’oca o le macchinine o quando proietteremo di nuovo il film con l’animale che fa “ bip-bip”…tutto questo fa salire un sorriso al mio viso,la stanchezza passa,il pensiero va alle ragazze che se pur lontane qualcosa hanno lasciato in questo villaggio.
Guardando questi bimbi tutti assieme che chiedono solo di giocare,con qualcuno che da solo balla ed intona “la macchina del capo ha un buco nella gomma” penso che la favola continuerà, senza le principesse, senza l’orco ma con tanti principini che aspettano i loro giochi.
Claudio Tommasini
 

 

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… ci ha aiutato a non esprimere giudizi …..

Sabato 31 Luglio 2010

i quattro fratellini della sposa dormono indisturbati nonostante la musica ed il "barulho’ dei festeggiamenti

I ritmi della giornata a Cangumbe sono scanditi dalla natura…sembriamo immerse in un’altra epoca, in un contesto che risulterebbe troppo strano per la nostra quotidianità. La sveglia è alle prime ore dell’alba, al sorgere del sole; all’arrivo del tramonto pian piano tutto si ferma.
Di notte nel cielo c’è la luna che riesce a illuminare con la sua chiara luce tutto il paesaggio…i bambini così non smettono di correre né di giocare mentre gli adulti, davanti alle capanne, accendono il fuoco per cucinare il funji e la vita del villaggio, anche se silenziosamente, continua.
A volte il silenzio notturno viene interrotto da canti lontani che indicano un avvenimento importante, come una nascita, un funerale, un matrimonio.
La scorsa settimana siamo state invitate ad una festa di matrimonio. Per l’occasione il papà della sposa si era organizzato con musica, bevande coinvolgendo tutto il villaggio. Appena arrivate ci hanno accolto subito dentro la loro abitazione, dove stavano già dormendo sul pavimento quattro bambini. La cosa che ci ha maggiormente sorpreso è che nella confusione della festa non riuscivamo a individuare chi fosse la sposa. Quando ci è stata presentata dal padre la ragazza per la sua timidezza e la sua riservatezza non riusciva quasi a guardarci negli occhi. Nonostante l’incontro sia stato breve è scattato subito in noi il paragone con il nostro addio al nubilato, un momento in cui la sposa viene messa al centro dell’attenzione da tutte le persone care.
Questa forte differenza ci è stata poi confermata il giorno successivo, quando dopo un incontro pubblico tra il papà, la sposa e lo sposo, i parenti e gli inviati si sono incamminati verso un villaggio poco distante dove i due sposi sarebbero andati a vivere insieme.
L’aver assistito a questo avvenimento ha scatenato dentro di noi una serie di riflessioni e domande, in particolar modo riguardanti il rapporto di coppia, il modo di vivere l’amore, il senso dato al matrimonio. Ma l’essere consapevoli che esistono diverse culture, ognuna con profonde tradizioni e forte valenza, ci ha aiutato a non esprimere giudizi, a non arrivare ad una conclusione, ma a lasciare che gli interrogativi restino uno spunto di riflessione.
Caterina, Antonella, Ilaria

Caterina, Antonella ed Ilaria, tre splendide ragazze vestite della gioia di essere a Cangumbe

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Lunedì 26 Luglio 2010

Sono le 5,30 del mattino,inizia una nuova giornata alla “Casa delle Api”,si prepara la colazione per le 6.00,più o meno,e per la 6,30 si inizia a lavorare. Da alcuni giorni c’è una novità in questa routine,la colazione non è più solo per 3 persone ma bensì per 6….è arrivato Italo con tre volontarie!!!!
I ritmi sono cambiati,con l’arrivo di tre donne,si sono addolciti ed hanno portato un vento di freschezza nell’organizzazione della giornata. Quasi ogni giorno c’è una novità…a tavola,il parmigiano,nella giornata,invece,giochi ed una presenza costante di grida e richieste,mai ascoltate prima.
Oggi c’è una cosa in più,dopo aver fatto colazione,parlato u poco della giornata che abbiamo avanti,dobbiamo tutti assieme andare al cimitero con kaka Samba,nonno Samba per rendere omaggio alla sua sposa che è sotterrata nel piccolo cimitero di Cangumbe.
Italo ha portato dall’Italia un ritratto della moglie montato sulla ceramica e quindi tutti assieme andiamo ad attaccarlo alla tomba.
La macchina parte piena,tanti bambini vogliono venire con noi,non sanno dove andiamo ma fare un giretto in macchina è sempre un’esperienza da non perdere,per cui ci sono una decina di bimbi che si stringono nel pianale della macchina.
Si scende a poche centinaia di metri dal centro del villaggio,il cancello è arrugginito da un senso di abbandono,questo muro nel mezzo della foresta attaccato dalle piante che lo circondano.
L’atmosfera cambia, i bambini si zittiscono e gli adulti si fanno più attenti,si procede quasi in fila indiana tra i rovi e le vecchie tombe del periodo coloniale di cui nessuno ha mai avuto cura,sino ad uno spiazzo che,pulito da ogni cosa,si staglia nel confronto do tutto quello che ci circonda. Vecchi barattoli di birra,qualche mozzicone di candela su una tomba con la croce tutta arrugginita,fanno di cornice a noi che pazientemente aspettiamo che uno dei muratori della “Casa delle Api”attacchi con il cemento questa fotografia.
Salta agli occhi che la tomba della moglie di Samba non è l’unica tomba pulita,vicino ci sono altre due tombe che portano i segni della pulizia e un piccolo mazzo di fiori di plastica. La storia di queste tombe,in particolare di una,è interessante da sapere,la signora Isabel Saudade Oliveira morta nel 1974 era la moglie dell’amministratore locale al tempo della dominazione portoghese,suo marito era una persona che non faceva mistero di odiare la gente dell’UNITA che in quei tempi aveva iniziato i suoi attacchi alla popolazione portoghese e in questa maniera cercava di scacciare i dominatori.
Quel giorno il marito era andato in una aldeia vicina, un commando dell’Unita, per punire le dure parole che usava contro di loro,entrò in casa con l’intenzione di uccidere ma trovarono solo la donna che fu l’unica a subire questa dura punizione al posto del suo sposo. Samba racconta che era una donna giusta che aiutava la gente e quindi con grazia,forse per pagare uno scotto non suo ma del suo popolo che cerca di tenere pulita la tomba per dare un aspetto migliore a questa morte.
Il muratore ha finito e quindi sulla semplice croce di cemento che riporta i dati della moglie solo incisi nella parte orizzontale con un semplice chiodo, adesso appare anche una foto di una signora serena con gli occhi aperti (ma questa è una altra storia) che guarda verso di noi,circondati dai bambini ammutoliti,recitiamo tutti assieme un Padre Nostro,ognuno nella propria lingua,per accompagnare questo momento commovente.
La faccia di Samba,il padre più vecchio,come si usa dire da queste parti,porta i segni di questa commozione e la nostra presenza tutti assieme la rende più intensa.
Sarà un altro ricordo profondo che ci porteremo dietro,quando ritorneremo a casa. Ora la giornata può finalmente incominciare.
Claudio Tommasini

 

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il ricordo

Domenica 25 Luglio 2010

Sono le 8 del mattino: noi ragazze insieme a Italo, Claudio e il capo villaggio saliamo sul fuori-stada per andare al cimitero.
Ma da queste parti tutto ciò che per noi è assolutamente banale, immediato e quasi scontato diventa qualcosa di quasi irrangiungibile…la maggior parte delle persone del villaggio non è mai salita in una macchina e quindi in pochi secondi la parte posteriore del fuori-strada si riempie di bambini, ignari della meta da raggiungere ma felici di poter vivere l’emozione del “viaggio”.
Il percorso sarà breve ma sufficiente per intravedere nei loro volti la gioia per un’avventura estranea alla loro quotidianità.
Giunti al cancello del cimitero noi, insieme a tutti i bambini, seguiamo il Soba che ci accompagna alla tomba della moglie, morta circa cinque anni fa. L’unica parte del cimitero ripulita e non completamente ricoperta da piante, erbacce e sterpaglie è proprio quella in cui si trova la tomba. Notiamo subito che il capo villaggio con estrema attenzione e dedizione, anche davanti ai nostri occhi, se ne prende cura. Ma nella lapide manca la foto, presente invece nelle due tombe vicine appartenenti una ad una donna locale l’altra ad una donna portoghese Isabel Shudades Oliveira uccisa dall’ UNITA nel 1974.
E’ stato bello poter ricondurre a una immagine queste due donne attraverso la foto sulle loro lapidi.
A volte confidiamo ad una foto di mantenere viva la memoria di una persona cara, come se grazie ad essa il ricordo non possa svanire. Guardando le foto delle persone che non ci sono più spesso abbiamo la possibilità di tornare indietro nel tempo e di vivere alcuni istanti come fossero presenti.
Qui a Cangumbe ricordare il viso di chi non c’è più rimane difficile. Il trascorrere del tempo inevitabilmente affievolisce i tratti del volto.
Ma da oggi anche nella tomba della moglie del saba c’è una foto a ricordarla.
Durante la visita, infatti, è stata attaccata alla lapide una foto di lei che Italo ha rintracciato tra le tante foto fatte tempo fà. Impossibile descrivere l’emozione negli occhi del Soba. Emozione forse avvertita anche da tutti i bambini che aveva intorno, che inspiegabilmente sono rimasti in silenzio ad osservare…un momento di profondo mistero che ancora ci accompagna.
Ilaria, Antonella

 

 

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tra la vita e la morte

Sabato 24 Luglio 2010

Quante volte ho scorso tra i rapporti aggiornati delle varie organizzazioni internazionali le percentuali delle donne che muoiono di parto nei paesi in via di sviluppo. Numeri che colpiscono per la loro entità, vengono presi, utilizzati per giustificare interventi, “maneggiati”per definire le finalità dei progetti…ma quali storie si celano dietro queste fredde tabelle?
Ieri abbiamo visitato il centro di salute di Cankumbe, una costruzione sul ciglio della strada principale del villaggio, a cui è possibile accedere scalando gradoni impolverati tra persone sedute in attesa. Ci si ritrova in una sala in penombra, intorno quattro stanze, spoglie e desolate e inconsapevolmente alla ricerca di oggetti e strumenti che possano consentire di riconoscere questo posto come un ambulatorio. Il personale è in camice bianco, preparato ad accoglierci e orgoglioso di quanto può descriverci. Ma immediatamente si impongono le differenze: mancanza di farmaci e di apparati diagnostici, personale limitato, distanze enormi per raggiungere il centro. Difficile operare per poter soddisfare i bisogni di quanti vi si rivolgono.
Consegnamo i farmaci portati dall’Italia, negli sguardi degli operatori sorpresa e incredulità.
Non tarda l’urgenza di utilizzarli. Una donna ha appena partorito e ha un’emorrargia. Rischia la vita. E’ ricoverata in una delle stanze, tre letti di cui due senza materasso. Ci sono alcuni familiari, due donne e un ragazzo, il suo compagno. In un fagottino di coperte, il neonato. Non c’è concitazione o allarmismo. Solo rassegnazione. Una silenziosa rassegnazione. Assordante per chi come noi pensa che ci sia sempre qualcosa che si può fare. Spieghiamo le modalità di assunzione di un farmaco che provvidenzialmente abbiamo con noi. Posologia, modalità di assunzione..La mamma con una flebo attaccata ad un braccio, apre gli occhi e li richiude. Il dolore pervade la stanza e si scontra con la nostra ansia. Usciamo dal centro per ritornare alla casa dei volontari. Un groviglio di emozioni ci accompagna…e un profondo senso di ingiustizia, perchè..perchè? Una mamma, un bambino, un padre…neonati in una parte del mondo dove la speranza è un privilegio.
Al chiaro di una luna luminosa e sorniona, la sera ritorno al centro per sapere come sta la mamma, una ragazza di diciassette anni, alla prima gravidanza. Mi accoglie il responsabile, il farmaco è stato efficace, la situazione si è normalizzata e la mamma sta riposando. I familiari sono tutti lì, intorno, vicini, insieme. Una rete di sostegno e protezione, un altro farmaco fondamentale per la dolce mamma…
Il giorno dopo arrivo nella tarda mattinata, sono fortunata ad incontrare la mamma, la stanno dimettendo. E’ seduta sul letto rifatto, con accanto le poche cose pronte per il ritorno a casa, e in braccio il fagottino di coperte. Mi siedo accanto e scorgo il visino del bimbo, dorme sereno. La ragazza mi guarda, nei suoi occhi ancora la sofferenza. Mi fa un cenno..il papà mi “traduce” in parole..è un invito a prendere in braccio il bimbo. Mi stende con cura il fagottino di coperte e lo sistema tra le mie braccia, pronte ma esitanti..Una folla di pensieri attraversa la mia mente, e velocemente si allontana..resta il contatto, la vicinanza, il sentirsi parte di una storia sfiorata che scorrerà altrove, con i suoi ritmi, tempi, luci e ombre…di nuovo il bambino è nelle braccia della mamma, saluto la famiglia, consapevole di non poter esprimere come avrei desiderato il mio senso di gratitudine per avermi accolto in un momento tanto critico.
Non è un lieto fine…la mente torna alle tabelle, ai numeri, a quante mamme e famiglie sono appese tra la vita e la morte senza nessuna possibilità di accesso alle cure mediche…il cuore resta ancora con questa famiglia angolana, stretto nel fagottino di coperte..

Caterina Susanna Cognigni
 

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le parole non bastano

Venerdì 23 Luglio 2010

Forse le parole che ci hanno accompagnato durante questi mesi sembravano soddisfare la nostra voglia di conoscere realtà distanti e completamente diverse da noi. Forse le immagini che più volte ci sono state proposte sembravano capaci di trasmetterci la complessità di terre dilaniate dalla povertà. Forse le testimonianze che abbiamo raccolto sembravano sufficienti per immedesimersi nel ruolo di volontarie. Forse credevamo di essere pronte.
Ma…come si può essere pronte davanti a dei bambini che giocano, ridono, piangono, vivono di e nell’immondizia? La lixeria è questo: un tumore inarrestabile, un girone dell’inferno,un incubo reale.
Districandoci tra i cuniculi, schivando rifiuti e fogne nauseabonde, arrestando il respiro, accelerando il passo, mimetizzando i nostri sguardi increduli alla ricerca di un angolo di sollievo, ci siamo chieste: “Come può essere questa la normalità? Come non arrendersi difronte a tutto questo?” Una risposta positiva e incoraggiante è giunta dall’aver visto l’opera salesiana di Padre Marcelo e Padre Roberto con la comunità della lixeria. La loro instancabile motivazione nell’avvicinarsi all’altro, con fiducia e amore, ci hanno dimostrato come, anche nell’inferno, si possano trovare delle risorse e una sorgente di cambiamento.
Salutiamo la lixeria…Cangumbe ci aspetta!!!
Antonella, Caterina, Ilaria

 

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acqua, questo liquido trasparente

Giovedì 8 Luglio 2010

Acqua,questo liquido trasparente che nelle nostre case arriva sotto forma di bottiglie e magari aprendo solo un rubinetto, la vediamo sgorgare e scorrere senza interruzione…..viene sprecata, usata male, abbiamo gli inaffiatoi che ad una certa ora bagnano senza pensieri i nostri giardini.
Nella sviluppata Europa si trovano anche per le strade gratis…..per tutti!!!!
Qui invece siamo a Cangumbe-Moxico-Angola e l’acqua acquista un diverso significato…è ricchezza, è vita…è quella cosa che ti permette di cucinare, di lavarti di rendere la tua diversa, di elevarla dal ruolo di disperato a quello di una vita normale.
Basta poco, per una famiglia di 6-8 persone una tanica di 20 litri è sufficiente per l’uso quotidiano, per tutta la famiglia!!!
Le cose cambiano quando la macchina di Lumbelumbe va al fiume….stiamo costruendo una casa e l’acqua è indispensabile per continuare il progetto, il posto più vicino è un piccolo lago a circa 3-4 chilometri dal paese e ogni giorno si vedono ragazze, bambini, mamme che con i secchi sulla testa affrontano questo percorso per arrivare a caricare qualche litro per il fabbisogno, ma la macchina li non arriva.
Le cose cambiano quando la macchina di lumbelumbe va al fiume, il fiume più vicino è il rio Sassa che passa vicino a tanti villaggi ed uno in particolare, il barrio Sacipopa a circa 6 chilometri da Cangumbe è quello dove, si va a fare acqua. Li la macchina di LumbeLumbe può arrivare
Forse manca un particolare importante per capire il tutto,  Cangumbe è un villaggio di circa 2500 persone, non ha acqua.
Nel tempo di pioggia viene raccolta quella piovana ma oramai sono diversi mesi che non piove e tutta la popolazione ne risente, ne risente l’igene, ne risente la campagna, ne risentono i bambini abituati a lavarsi sotto gli scrosci della pioggia.
Le cose cambiano quando la macchina di lumbelumbe va al fiume,non avendo la possibilità di avere acqua per la costruzione, bisogna andare a prenderla al fiume, con le taniche, in macchina e trasportarla sino alla casa.
Considerato che per riempire la macchina ci vogliono minimo 25 taniche e noi non ne abbiamo tante in uso, è diventata consuetudine che si carica anche qualche tanica dei locali che vengono a darmi una mano,così in poco tempo si riesce a fare 2 viaggi,sia per l’opera di costruzione sia per la popolazione che muore di sete … in questo modo riusciamo ad accontantare un po’ di persone  e tutti sono contenti!!!
I bambini di Sacipopa oramai conoscono la macchina e quando arriva vengono al fiume per trasportare le taniche vuote e magari riempirle nell’acqua, sanno che qualche volta ho miele con me oppure qualche banana e magari questo sarà l’unica cosa che riescono a mettere nello stomaco. Il grido lumbelumbe, con il mio lumbe di risposta, risuona spesso nella piccola vallata che circonda il fiume Sassa
Claudio Tommasini

 

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Una giornata a Cangumbe

Lunedì 5 Luglio 2010

La sveglia è presto al mattino,in Italia raramente mi sveglio così, alle 5,30-5,40 la sveglia squilla e mi riporta dal mondo dei sogni a quello della mia stanza a Cangumbe.
Bisogna vestirsi per andare in cucina…fa freddo, chi può pensare che in giugno in un villaggio dell’Africa,un uomo del nord come me che vengo da Trieste abbia freddo.
Cucina, acqua sul fuoco per il the, tutte le cose che si fanno al mattino e poi piano piano una nuova giornata africana inizia.
Fa freddo, Massimo è con due maglioni, io resisto con una felpa sulla veranda, al rito mattutino della sigaretta.
Aspettiamo l’arrivo di Fiorentino, il capo-mastro- che farà-mata bicio-colazione con noi e faremo il punto della giornata.
Devo andare al fiume con Albano-traduttore ed apicoltore-,mi faccio un caffè,abitudine italiana dura a morire,
Tra un attimo dovrebbe arrivare Francisca-cuoca-e quindi preparo farina e lievito per il pane fresco, e tutto il necessario per il pranzo.
Oggi riso con una salsetta che mi sono inventato con l’avogado….ne abbiamo un albero pieno nel nostro giardino della casa dei volontari…bisogna mangiarli!!! Prima non erano maturi ed ora in pochi giorni sono tutti pronti.
Avocado tagliato a pezzetti, cipolla, aglio, un poco di olio d’oliva, sale…peperoncino a volontà..salsa pronta ed anche il pranzo.
Vado alla casadella Api e saluto la poca di gente che incontro per strada, il saluto è importante in Angola, tutti quelli che incontri ti dicono, buongiorno, e dovresti fermarti a parlare con loro almeno un “come hai passato la notte” è d’obbligo, si vede che il tempo scorre diversamente a queste latitudini.
I locali quando si incontrano si fermano a parlare almeno 5-10 minuti, è un piacere sentirli anche se capisco solo un paio di parole che si dicono, parlano in cwoke, la lingua locale.
Comunque arrivo alla casa e parlo un poco con i nostri lavoratori, organizzo al meglio la giornata, divido i compiti.
C’è da finire la scalinata frontale, iniziare quella sul retro, piastrelle nei bagni, Antonio-carpentiere in ferro-mi chiede spiegazioni sulle inferriate delle finestre, faccio il conto dell’acqua che ci rimane….torno alla casa e poi si parte per il fiume.
Si fa sera, la giornata da fredda, al mattino, con il cessare del vento è arrivata ad essere calda in certi momenti afosa ed ora, sonole 17.00, si ritorna verso casa stanchi di una giornata di corse, il sole sta calando.
Passando per strada vedo, un piccolo campo di calcio con dei bambini che giocano, sulla strada principale altri ne occupano tranquillamente il centro e giocano nella sabbia, la stanchezza passa, ti fermi a guardare, il cuore si riempie di gioia a vedere quanta vita c’è ancora il quelle gambe striminzite che corrono dietro la palla, il sole che cala dietro fa da cornice con la capanna a questo spettacolo e sai di aver passato un’altra incredibile giornata in Africa. di Claudio Tommasini

 

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