Provincia di Macerata - 2010

le topoline

Martedì 10 Agosto 2010

Quasi tutte le favole e le belle storie per bambini iniziano con “C’era una volta”….
C’era una volta un gruppo di ragazze che sono venute a fare una esperienza di volontariato con LumbeLumbe nel villaggio di Cangumbe.
Caterina, Ilaria ed Antonella, principesse dei giochi e topoline sempre attive, hanno animato le giornate dei bambini, attivando un nuovo ramo del progetto “La casa delle Api”, costruire un gruppo di adolescenti locali che con l’animazione ed i giochi possano far crescere,in maniera diversa,tutti quei bambini che prima erano abbandonati per le vie del villaggio.
L’orco cattivo non c’è in questa storia ma la possibilità che questi bambini crescano senza affetti e senza giochi è reale.
Ogni giorno da quando sono qui ed oramai sono tanti mesi, vedo al mattino, molto presto, bambini di 3-5 anni che vagano per il villaggio come fantasmi, cercando l’uno con l’altro la compagnia e la sicurezza, i giochi si riducono ad un vecchio cerchione che fanno rotolare per la sabbia con un bastone di legno oppure giocano con una palla, fatta di vecchi sacchi della spazzatura, tenuti assieme con il nastro adesivo.
Nelle tre settimane che le principesse erano al villaggio, le cose sono cambiate,hanno organizzato il gruppo degli animatori, hanno trovato un responsabile, hanno dispensato latte in polvere e zucchero come aiuto alimentare e in special modo hanno portato un bella confusione nella casa dei volontari,cibo italiano e sensazioni dimenticate.
Il progetto di far giocare i bambini continuerà, gli animatori sono motivati, il supervisore anche,il capo-progetto dovrà periodicamente controllare e monitorare quello che fanno ma mancheranno fisicamente le ragazze che con la loro partenza hanno lasciato un grande vuoto nel villaggio.
C’era la fila il giorno che se ne sono andate, per sottolineare quanto la loro presenza è stata gradita da tutti,qui a Cangumbe.
Anch’io mi ero abituato a loro,dopo tanti mesi di convivenza con Massimo Capua l’apicoltore.
L’arrivo di Italo con le ragazze ha portato una bella nota di novità e non solo.
Per la prima volta dopo tanto tempo, il ritorno a “casa”, dopo aver accompagnato il gruppo all’aereoporto per la partenza verso l’Italia, è stato pesante, normalmente ho la sensazione di tornare verso casa e le stelle mi fanno compagnia lungo la pista che da Lwena conduce al villaggio di Cangumbe.
Questa volta, guardando le stelle,pensavo alle volte che siamo usciti nella notte per vedere questo spettacolo, Caterina un giorno mi ha detto che pare di essere dentro una bolla, una di quelle piccole bolle di plastica che se le agiti cade la neve, qui invece pare che cada il cielo.
Sono tornato a “casa”e tutti mi danno il ben tornato anche se non lo ammetto con gli altri,sono triste e stanco, vorrei andare subito a dormire ma una confusione alla porta attira la mia attenzione.
Esco per sgridare chi sta facendo questo “barulhio”confusione,trovo tanti bambini che tutti assieme chiedono,il gioco dell’oca o le macchinine o quando proietteremo di nuovo il film con l’animale che fa “ bip-bip”…tutto questo fa salire un sorriso al mio viso,la stanchezza passa,il pensiero va alle ragazze che se pur lontane qualcosa hanno lasciato in questo villaggio.
Guardando questi bimbi tutti assieme che chiedono solo di giocare,con qualcuno che da solo balla ed intona “la macchina del capo ha un buco nella gomma” penso che la favola continuerà, senza le principesse, senza l’orco ma con tanti principini che aspettano i loro giochi.
Claudio Tommasini
 

 

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… ci ha aiutato a non esprimere giudizi …..

Sabato 31 Luglio 2010

i quattro fratellini della sposa dormono indisturbati nonostante la musica ed il "barulho’ dei festeggiamenti

I ritmi della giornata a Cangumbe sono scanditi dalla natura…sembriamo immerse in un’altra epoca, in un contesto che risulterebbe troppo strano per la nostra quotidianità. La sveglia è alle prime ore dell’alba, al sorgere del sole; all’arrivo del tramonto pian piano tutto si ferma.
Di notte nel cielo c’è la luna che riesce a illuminare con la sua chiara luce tutto il paesaggio…i bambini così non smettono di correre né di giocare mentre gli adulti, davanti alle capanne, accendono il fuoco per cucinare il funji e la vita del villaggio, anche se silenziosamente, continua.
A volte il silenzio notturno viene interrotto da canti lontani che indicano un avvenimento importante, come una nascita, un funerale, un matrimonio.
La scorsa settimana siamo state invitate ad una festa di matrimonio. Per l’occasione il papà della sposa si era organizzato con musica, bevande coinvolgendo tutto il villaggio. Appena arrivate ci hanno accolto subito dentro la loro abitazione, dove stavano già dormendo sul pavimento quattro bambini. La cosa che ci ha maggiormente sorpreso è che nella confusione della festa non riuscivamo a individuare chi fosse la sposa. Quando ci è stata presentata dal padre la ragazza per la sua timidezza e la sua riservatezza non riusciva quasi a guardarci negli occhi. Nonostante l’incontro sia stato breve è scattato subito in noi il paragone con il nostro addio al nubilato, un momento in cui la sposa viene messa al centro dell’attenzione da tutte le persone care.
Questa forte differenza ci è stata poi confermata il giorno successivo, quando dopo un incontro pubblico tra il papà, la sposa e lo sposo, i parenti e gli inviati si sono incamminati verso un villaggio poco distante dove i due sposi sarebbero andati a vivere insieme.
L’aver assistito a questo avvenimento ha scatenato dentro di noi una serie di riflessioni e domande, in particolar modo riguardanti il rapporto di coppia, il modo di vivere l’amore, il senso dato al matrimonio. Ma l’essere consapevoli che esistono diverse culture, ognuna con profonde tradizioni e forte valenza, ci ha aiutato a non esprimere giudizi, a non arrivare ad una conclusione, ma a lasciare che gli interrogativi restino uno spunto di riflessione.
Caterina, Antonella, Ilaria

Caterina, Antonella ed Ilaria, tre splendide ragazze vestite della gioia di essere a Cangumbe

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il ricordo

Domenica 25 Luglio 2010

Sono le 8 del mattino: noi ragazze insieme a Italo, Claudio e il capo villaggio saliamo sul fuori-stada per andare al cimitero.
Ma da queste parti tutto ciò che per noi è assolutamente banale, immediato e quasi scontato diventa qualcosa di quasi irrangiungibile…la maggior parte delle persone del villaggio non è mai salita in una macchina e quindi in pochi secondi la parte posteriore del fuori-strada si riempie di bambini, ignari della meta da raggiungere ma felici di poter vivere l’emozione del “viaggio”.
Il percorso sarà breve ma sufficiente per intravedere nei loro volti la gioia per un’avventura estranea alla loro quotidianità.
Giunti al cancello del cimitero noi, insieme a tutti i bambini, seguiamo il Soba che ci accompagna alla tomba della moglie, morta circa cinque anni fa. L’unica parte del cimitero ripulita e non completamente ricoperta da piante, erbacce e sterpaglie è proprio quella in cui si trova la tomba. Notiamo subito che il capo villaggio con estrema attenzione e dedizione, anche davanti ai nostri occhi, se ne prende cura. Ma nella lapide manca la foto, presente invece nelle due tombe vicine appartenenti una ad una donna locale l’altra ad una donna portoghese Isabel Shudades Oliveira uccisa dall’ UNITA nel 1974.
E’ stato bello poter ricondurre a una immagine queste due donne attraverso la foto sulle loro lapidi.
A volte confidiamo ad una foto di mantenere viva la memoria di una persona cara, come se grazie ad essa il ricordo non possa svanire. Guardando le foto delle persone che non ci sono più spesso abbiamo la possibilità di tornare indietro nel tempo e di vivere alcuni istanti come fossero presenti.
Qui a Cangumbe ricordare il viso di chi non c’è più rimane difficile. Il trascorrere del tempo inevitabilmente affievolisce i tratti del volto.
Ma da oggi anche nella tomba della moglie del saba c’è una foto a ricordarla.
Durante la visita, infatti, è stata attaccata alla lapide una foto di lei che Italo ha rintracciato tra le tante foto fatte tempo fà. Impossibile descrivere l’emozione negli occhi del Soba. Emozione forse avvertita anche da tutti i bambini che aveva intorno, che inspiegabilmente sono rimasti in silenzio ad osservare…un momento di profondo mistero che ancora ci accompagna.
Ilaria, Antonella

 

 

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tra la vita e la morte

Sabato 24 Luglio 2010

Quante volte ho scorso tra i rapporti aggiornati delle varie organizzazioni internazionali le percentuali delle donne che muoiono di parto nei paesi in via di sviluppo. Numeri che colpiscono per la loro entità, vengono presi, utilizzati per giustificare interventi, “maneggiati”per definire le finalità dei progetti…ma quali storie si celano dietro queste fredde tabelle?
Ieri abbiamo visitato il centro di salute di Cankumbe, una costruzione sul ciglio della strada principale del villaggio, a cui è possibile accedere scalando gradoni impolverati tra persone sedute in attesa. Ci si ritrova in una sala in penombra, intorno quattro stanze, spoglie e desolate e inconsapevolmente alla ricerca di oggetti e strumenti che possano consentire di riconoscere questo posto come un ambulatorio. Il personale è in camice bianco, preparato ad accoglierci e orgoglioso di quanto può descriverci. Ma immediatamente si impongono le differenze: mancanza di farmaci e di apparati diagnostici, personale limitato, distanze enormi per raggiungere il centro. Difficile operare per poter soddisfare i bisogni di quanti vi si rivolgono.
Consegnamo i farmaci portati dall’Italia, negli sguardi degli operatori sorpresa e incredulità.
Non tarda l’urgenza di utilizzarli. Una donna ha appena partorito e ha un’emorrargia. Rischia la vita. E’ ricoverata in una delle stanze, tre letti di cui due senza materasso. Ci sono alcuni familiari, due donne e un ragazzo, il suo compagno. In un fagottino di coperte, il neonato. Non c’è concitazione o allarmismo. Solo rassegnazione. Una silenziosa rassegnazione. Assordante per chi come noi pensa che ci sia sempre qualcosa che si può fare. Spieghiamo le modalità di assunzione di un farmaco che provvidenzialmente abbiamo con noi. Posologia, modalità di assunzione..La mamma con una flebo attaccata ad un braccio, apre gli occhi e li richiude. Il dolore pervade la stanza e si scontra con la nostra ansia. Usciamo dal centro per ritornare alla casa dei volontari. Un groviglio di emozioni ci accompagna…e un profondo senso di ingiustizia, perchè..perchè? Una mamma, un bambino, un padre…neonati in una parte del mondo dove la speranza è un privilegio.
Al chiaro di una luna luminosa e sorniona, la sera ritorno al centro per sapere come sta la mamma, una ragazza di diciassette anni, alla prima gravidanza. Mi accoglie il responsabile, il farmaco è stato efficace, la situazione si è normalizzata e la mamma sta riposando. I familiari sono tutti lì, intorno, vicini, insieme. Una rete di sostegno e protezione, un altro farmaco fondamentale per la dolce mamma…
Il giorno dopo arrivo nella tarda mattinata, sono fortunata ad incontrare la mamma, la stanno dimettendo. E’ seduta sul letto rifatto, con accanto le poche cose pronte per il ritorno a casa, e in braccio il fagottino di coperte. Mi siedo accanto e scorgo il visino del bimbo, dorme sereno. La ragazza mi guarda, nei suoi occhi ancora la sofferenza. Mi fa un cenno..il papà mi “traduce” in parole..è un invito a prendere in braccio il bimbo. Mi stende con cura il fagottino di coperte e lo sistema tra le mie braccia, pronte ma esitanti..Una folla di pensieri attraversa la mia mente, e velocemente si allontana..resta il contatto, la vicinanza, il sentirsi parte di una storia sfiorata che scorrerà altrove, con i suoi ritmi, tempi, luci e ombre…di nuovo il bambino è nelle braccia della mamma, saluto la famiglia, consapevole di non poter esprimere come avrei desiderato il mio senso di gratitudine per avermi accolto in un momento tanto critico.
Non è un lieto fine…la mente torna alle tabelle, ai numeri, a quante mamme e famiglie sono appese tra la vita e la morte senza nessuna possibilità di accesso alle cure mediche…il cuore resta ancora con questa famiglia angolana, stretto nel fagottino di coperte..

Caterina Susanna Cognigni
 

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le parole non bastano

Venerdì 23 Luglio 2010

Forse le parole che ci hanno accompagnato durante questi mesi sembravano soddisfare la nostra voglia di conoscere realtà distanti e completamente diverse da noi. Forse le immagini che più volte ci sono state proposte sembravano capaci di trasmetterci la complessità di terre dilaniate dalla povertà. Forse le testimonianze che abbiamo raccolto sembravano sufficienti per immedesimersi nel ruolo di volontarie. Forse credevamo di essere pronte.
Ma…come si può essere pronte davanti a dei bambini che giocano, ridono, piangono, vivono di e nell’immondizia? La lixeria è questo: un tumore inarrestabile, un girone dell’inferno,un incubo reale.
Districandoci tra i cuniculi, schivando rifiuti e fogne nauseabonde, arrestando il respiro, accelerando il passo, mimetizzando i nostri sguardi increduli alla ricerca di un angolo di sollievo, ci siamo chieste: “Come può essere questa la normalità? Come non arrendersi difronte a tutto questo?” Una risposta positiva e incoraggiante è giunta dall’aver visto l’opera salesiana di Padre Marcelo e Padre Roberto con la comunità della lixeria. La loro instancabile motivazione nell’avvicinarsi all’altro, con fiducia e amore, ci hanno dimostrato come, anche nell’inferno, si possano trovare delle risorse e una sorgente di cambiamento.
Salutiamo la lixeria…Cangumbe ci aspetta!!!
Antonella, Caterina, Ilaria

 

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IO E GLI ALTRI - Grazie

Venerdì 14 Maggio 2010

Manuela Penna
Ormai giunti alla conclusione, posso affermare che per me il corso Lumbe Lumbe ha rappresentato un prezioso strumento, una lanterna che mi ha illuminato e accompagnato durante un’affascinante percorso dentro di me, alla ricerca di risposte, e di nuove domande, di ideali, di determinazione e di sogni ad oggi ancor più vivi.
Tanti spunti interessanti, tanti fantastici incontri ed altrettante informazioni che mi rendono più consapevole di me in relazione agli altri. Sicuramente il percorso non si conclude qui. E’ giunto il momento di rielaborare tutta la ricchezza accumulata, fatta di volti, di parole, di porte aperte e di metterla a disposizione di altri.
Mi auguro di concludere questa avventura con il viaggio più affascinante e complesso allo stesso tempo, pronta ad una nuova sfida!
E’ stato un piacere,
Grazie
 

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IO E GLI ALTRI - Prima ne ero a conoscenza…..

Venerdì 14 Maggio 2010

 

Antonella Di Paolo
Prima ne ero a conoscenza. Sapevo che c’è gente che soffre, gente che muore di fame e che non ha acqua da bere, ma sapevo anche che vivono minimo a 3000 km da me e questo bastava per giustificare la mia attenzione verso un “unico” mondo.
Poi da gennaio, sabato dopo sabato, lezione dopo lezione mi rimaneva sempre più difficile distogliere il pensiero intorno alle tematiche che affrontavamo in classe. Numeri come 25.000, 800 milioni cominciavano a prendere dimensione nella mia mente. Non individuavano più una quantità astratta, ma la realtà che condivide il nostro pianeta: 25.000 sono le persone che muoiono di fame ogni giorno, 800 milioni le persone che soffrono di denutrizione cronica.
Prendere coscienza, riflettere e discutere del mondo in cui viviamo, che non è solo quello visto sui cataloghi turistici, ha aperto in me una nuova dimensione. Sento di essere cresciuta, anche se si tratta di pochi mesi, o è la mia piccola posizione nel mondo che ha assunto più significato. Sto studiando comunicazione, e in un momento in cui l’ago calamitato della bussola cercava di allinearsi lungo le linee magnetiche del campo terrestre, indicando così la direzione, ho intravisto il Nord.
Comunicare è fondamentale, come questo corso mi ha insegnato. Prendere coscienza del mondo e di me nel mondo mi rende consapevole di appartenere a un pianeta condiviso anche da altri, e quindi nostri “coinquilini ”. Durante il corso abbiamo più volte dialogato su cosa rappresenti per noi l’altro. E più volte siamo arrivate a considerarlo un altro noi,e non un altro da noi: che ci arricchisce, che ci insegna, che ci coinvolge in un vortice di nuove esperienze. Come è stato dimostrato dalla conoscenza del gruppo di ragazze. Perché l’altro non può essere solo quello che abita lontanissimo, ma anche chi abita nei miei stessi territori. Testimone di ciò sono state le ragazze. Trovare amiche che condividessero gli stessi pensieri, oppure che mi aiutassero ad approdarne a nuovi, è stata l’esperienza più coinvolgente.
Ecco perché mi sentirò sempre legata a questo corso.
 

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IO E GLI ALTRI - Cari saluti

Venerdì 14 Maggio 2010

 

Silvia Cavalieri
Nell’ inchiostrare virtualmente questa pagina, per dare voce alle riflessioni che accompagnano le battute finali del corso, tanti sarebbero i pensieri da esprimere e riduttive sono le parole per descrivere questa esperienza davvero interessante e importante.
La convinzione che l’umanità è inserita in un intersistema era in me già pregressa ma ciò che il corso mi ha dato è il know how e cioè strumenti in più per sostenere e dimostrare le mie idee. Quel know how che poi si struttura con l’alterità attraverso la sinergia degli skills, delle competenze, per avere la misura dell’importanza di ogni fattore. Di rilievo sono state le esperienze “pratiche” costituite dalle varie visite e laboratori che definirei delle vere e proprie “sessioni etnografiche”.
La miniera di nozioni che abbiamo appreso fa da contraddittorio al mercimonio di idee ritrite a cui siamo soggetti nel quotidiano, quindi, i fondamenti di determinate teorie economiche e quant’altro i relatori hanno condiviso con noi sono perfettamente in consonanza con quanto ci era stato promesso all’inizio del percorso formativo.
Pur avendo in passato già vissuto situazioni eterogenee, respirato climi diversi, incontrato e frequentato umanità e realtà differenti è stata proprio la fine di questo percorso a Monte S. Martino a farmi realizzare che il corso è stato veramente “la mia prima Africa”, una summa necessaria che permette di fare il punto della situazione.
La vita è dura ma ci stupisce sempre per questo è importante seguire il proprio istinto e la propria intelligenza emotiva. La ricchezza degli incontri formativi sulla cooperazione internazionale è stata per me questa: cooperare significa seguire lo slancio nell’aiutare ma se si è preparati ciò avviene sicuramente più costruttivamente ed efficacemente. Questo comporta molta molta fatica ma è possibile. Ragionando in questa maniera è possibile disincagliarsi dall’ottusità che ci porta a pensare che i limiti in quanto tali sono un ostacolo e non uno stimolo. E’ proprio in questo momento dialettico che si comprende come il pensiero possa orientare l’azione poiché in realtà il pensiero è fattuale e con opportuna pianificazione e motivazione la cooperazione diviene realtà
 

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IO E GLI ALTRI - Si è ormai conclusa …

Venerdì 14 Maggio 2010

 

Ilaria Ferretti
Si è ormai conclusa la prima parte di questa esperienza e come ogni "cosa" che volge al termine porta con sè un pò di malinconia…ma non è solo questa la sensazione che ho dentro.
Sono contenta di aver avuto questa opportunità…a prescindere dal viaggio in Africa sono convinta che nella vita mi capiterà spesso di ripensare agli argomenti trattati durante le lezioni…sono state un continuo input, una continua crescita e un continuo farmi mettere in discussione.
Senza ricerca non si cresce e Voi mi avete dato l’opportunità di pormi delle domande e quindi di crescere… ascoltando i docenti e vedendo la passione nei loro occhi e la loro capacità di testimoniare con la loro persona quanto raccontavano ho pensato che, come insegnante, l’obiettivo che mi devo porre con i bambini è proprio questo…essere io per prima testimone di quello che insegno.
Vi dico sinceramente che il corso è andato ben oltre le mie aspettative…non solo per tutto quello che ho appreso ma anche per le meravigliose persone che mi ha dato modo di incontrare.
Grazie di tutto
 

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IO E GLI ALTRI - Non sono molto brava

Venerdì 14 Maggio 2010

 

Antonella Di Odoardo
Premetto che non sono molto brava a scrivere, forse sarà per via di tutti questi conti a lavoro che mi atrofizzano il cervello, comunque tentiamo ugualmente.
Ci provo perché queste poche righe mi vengono dal cuore e quando una cosa scritta è sentita le parole vengono da sole.
Questi mesi per me sono stati una vera e propria scoperta: di me stessa, di argomenti nuovi, di persone diverse ma profondamente simili.
Una scoperta che mi ha portato ad una crescita interiore.
A gennaio abbiamo iniziato un’avventura insieme con uno scopo preciso: avvicinarci all’altro, scoprire il diverso cercare di creare un ponte tra l’io e l’altro, per poterci preparare al meglio ad un viaggio, che già ho avuto la fortuna di poter vivere.
C’è una canzone di Niccolo Fabi che mentre scrivo mi balena in mente, dice cosi:
“tra la partenza e il traguardo c’è in mezzo tutto il resto
e tutto il resto è giorno dopo giorno
e giorno dopo giorno è silenziosamente, costruire
e costruire è sapere e potere rinunciare alla perfezione.”
Questi pochi versi per me racchiudono un po’ tutto il senso del corso….costruire!
Costruire delle relazioni, incontrare l’altro nelle sue diverse sfaccettature, abbattere le proprie barriere personali , coscienti che il percorso è pieno di ostacoli, imprecisioni e di errori.
Ma è il sapersi mettere in gioco e riscoprirsi ogni volta il segreto della vera crescita, andando oltre il proprio vissuto quotidiano.
Mi sento di ringraziare non solo i docenti ma anche gli organizzatori del corso e le mie stesse compagne d’avventura, che hanno reso piacevole ogni momento anche impegnativo.
Grazie a tutti e boa sorte a todos!!!
 

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