Casa delle Api

inesorabilmente il tempo passa

Lunedì 22 Novembre 2010

 

Inesorabilmente il tempo passa..lascia il segno su di noi e su tutte le cose, spesso sono segni visibili come i capelli bianchi, le rughe o quel buco sulla cintura che non vuole chiudersi ma ci sono altri che portiamo dentro e sono invisibili ma spesso sono i più profondi e incancellabili.

Oggi sono andato nella “mata”con il vecchio Samba, Benjamin ed Albano,lo scopo era quello di posizionare un poche di arnie prima della mia partenza, ecco il vero motivo di questo mio racconto!!!

Da signore della foresta quale è,quando ho fermato la macchina,Samba è sparito, un attimo prima è li con te, poi ti giri e non c’è più, è ritornato dopo pochi minuti portando con se funghi e frutta selvatica, intanto che discutevamo come e dove posizionare le arnie, abbiamo mangiato la frutta e, con forza, mi ha colpito il fatto che sto partendo ed era l’ultima volta che entravo nella foresta con queste persone che mi hanno accompagnato in questa mia avventura angolana che dura oramai da 1 undici mesi.

La partenza dall’Italia è  stata un’incognita. Si doveva, in pochi mesi, concludere un’opera che per innumerevoli problemi, stentava a partire. Arrivare dalla evoluta Italia in una zona sconosciuta dell’Angola, mi metteva in ansia, la responsabilità era grande e tante cose c’erano da fare in poco tempo, però queste tre persone che oggi mi hanno accompagnato nella foresta sono state,assieme ad altri angolani, il punto focale della riuscita del progetto.

Lascio in Angola tante cose, qualche chilogrammo di peso, un dente che si è rotto,gli occhiali che con la sabbia sono rovinati, vestiti che sarebbero solo un peso in più da portare in valigia ma anche un grosso pezzo del mio cuore ed oggi l’incognita più grande è  proprio il ritorno.

Per venire qui ho lasciato: un lavoro, la famiglia, gli amici, una casa, la vita nevrotica moderna. Ho trovato un’altra casa, tanti amici, una vita semplice ma serena, i ritmi della vita nel villaggio che sono regolati dal sole e non dall’orologio e ritorno in questa mia patria che sembra carica di problemi ben superiori a quelli che ogni giorno affronto qui, nel Moxico.

Da un paio di giorni, quando mi collego ad internet, cerco notizie italiane per mettermi al corrente delle cose che succedono, le cose che vedo mi fanno pensare ed ho quasi più paura ora a tornare che il giorno nel quale sono venuto, eppure torno a casa!!!!

Ho imparato una nuova lingua, usi e costumi locali, il fatto di alzarmi senza problemi alle 5,30 del mattino per iniziare a lavorare, ho avuto la soddisfazione di fare questa esperienza che cercavo da tanto tempo e……tutto questo mi ha sicuramente cambiato, sto vedendo la vita da un lato diverso.

Qui l’importante è essere non apparire, puoi andare in giro con i calzoni a brandelli ma devi lavorare per avere il rispetto delle persone, io “o chefe” il capo, sono oramai considerato “da tropa” cioe’ militare perchè non mi fermo e do, dal buon insegnamento di Italo Pierobon, la spinta a fare le cose.

Dovrei scrivere un romanzo per ricordare tutte le cose che ho visto ed assorbito in questi mesi,forse è  meglio dire che ci sono e resteranno tanti segni indelebili nel mio cuore e nella mia mente in questa mia esperienza in Angola.

Sicuramente devo ringraziare Lumbelumbe per avermi dato questa possibiltà e non posso dire altro che…….

Moio weno Angola …….. arrivederci Angola

Claudio Tommasini

 

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ferragosto a Cangumbe - Angola

Giovedì 19 Agosto 2010

 

Il 14 agosto è arrivato a Cangumbe Padre Luigi, sta portando in giro per il Moxico un gruppo di volontari della Ispettoria dei salesiani di Torino a loro volta accompagnati da Padre Leo che da anni si occupa di portare gruppi di volontari, per fare un esperienza sul campo, in giro per il mondo.
Proseguiranno per Cangonga, dove dormiranno la notte e poi domenica ritorneranno qui nella casa dei volontari per mangiare e dormire ma, prima di tutto questo, per partecipare alla messa e per essere presentati alla comunità di Cangumbe.
L’arrivo con un fuoristrada, caricato all’inverosimile, stretti nei sedili e tra i pacchi di alimenti, giochi, bidoni di benzina, gruppo elettrogeno, sacchi a pelo e brandine. I volontari escono tutti per stiracchiarsi e fare un brevissima visita alla casa del miele, conosciamo così questi 7 ragazzi che hanno una età variabile dai 23 ai 40 anni e molti hanno avuto già esperienze nel mondo della solidarietà ma solo una delle ragazze è già stata in Africa.
Dopo il piccolo giro e un tè tutti assieme, la carovana riparte, ci ritroveremo domani pomeriggio al ritorno da Cangonga, passeremo assieme il giorno di ferragosto.
Domenica mattina ore 6, si sente bussare alla porta, è il catechista che vuole chiedere cose per l’arrivo di Padre Luigi, bisogna dire che l’arrivo del padre crea nella comunità un certo scompiglio, tutti sono agitati, infatti già a quest’ora il catechista si è presentato per chiedere informazioni e per sapere se i ragazzi avrebbero mangiato volentieri una “capra de mata” capra della foresta.
Gli spiego che secondo me la “capra de mata” non è indicata, uno per il fatto che è secca e due perché questi ragazzi, in Angola per un esperienza di un mese, non hanno ancora lo stomaco abituato a tutti i cibi tradizionali del luogo. Inoltre i frigoriferi, nel villaggio, non esistono per cui tutta la carne che viene catturata nella “mata”, o viene consumata velocemente oppure viene fatta seccare al sole, per la felicità di una quantità inverosimile di mosche, poi assume un aspetto ed un odore che per i nostri palati europei non è molto indicato.
Dico quindi al catechista che sarebbe meglio utilizzare questa carne come “tambula” offerta, durante la messa.
Passa un poco di tempo ed ecco che arriva “kaka”nonno,Samba il quale mi ripete la storia della carne ed io ripeto quello che ho detto al catechista.
La mattina scorre veloce con un viaggio al fiume per prendere un poco d’acqua e subito dopo pranzato,al suono della bombola del gas,che qui sostituisce la campana della chiesa, arriva la macchina di Padre Luigi con tutti stretti dentro.
I ragazzi scendono lamentandosi della strada, in effetti è molto disagevole per le schiene, portano dentro nella casa dei volontari tutte le masserizie e poi si va alla messa.
La partecipazione è buona, ci sono tante persone, complice la presenza di tanti ”cindele” bianchi, presenti e che tutti vogliono vederli.
 

La messa viene celebrata da Padre Luigi e Padre Leo, poi tutti fuori a giocare con i bambini, mentre in chiesa si prepara per la proiezione di un film su Maria.
Poi ci spostiamo nella casa dei volontari per preparare la cena, le ragazze danno una mano, anzi preparano anche un dolce che con il grana e un salame, sono i piatti forti sulla tavola, per noi volontari di LumbeLumbe, qui da diversi mesi, cose quasi dimenticate!!!.
La cena finisce presto e si sbaracca il salone per prepararlo alla notte, le ragazze avranno una camera tutta per loro ma tutti gli altri si preparano le brandine nell’ambiente più capiente della casa, il salone.
Si parla un poco dell’esperienza che stanno facendo ma la stanchezza ha la meglio su tutti noi, domani sarà una lunga giornata africana, i ragazzi devono fare circa 60 km di fuoristrada per visitare un villaggio ed io devo andare a Luena per provvedere ad acquistare materiali ed altre cose per la costruzione.
Andiamo tutti a letto con la sensazione di aver passato un ferragosto speciale, in mezzo alla foresta angolana.
Claudio Tommasini

 

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Lunedì 26 Luglio 2010

Sono le 5,30 del mattino,inizia una nuova giornata alla “Casa delle Api”,si prepara la colazione per le 6.00,più o meno,e per la 6,30 si inizia a lavorare. Da alcuni giorni c’è una novità in questa routine,la colazione non è più solo per 3 persone ma bensì per 6….è arrivato Italo con tre volontarie!!!!
I ritmi sono cambiati,con l’arrivo di tre donne,si sono addolciti ed hanno portato un vento di freschezza nell’organizzazione della giornata. Quasi ogni giorno c’è una novità…a tavola,il parmigiano,nella giornata,invece,giochi ed una presenza costante di grida e richieste,mai ascoltate prima.
Oggi c’è una cosa in più,dopo aver fatto colazione,parlato u poco della giornata che abbiamo avanti,dobbiamo tutti assieme andare al cimitero con kaka Samba,nonno Samba per rendere omaggio alla sua sposa che è sotterrata nel piccolo cimitero di Cangumbe.
Italo ha portato dall’Italia un ritratto della moglie montato sulla ceramica e quindi tutti assieme andiamo ad attaccarlo alla tomba.
La macchina parte piena,tanti bambini vogliono venire con noi,non sanno dove andiamo ma fare un giretto in macchina è sempre un’esperienza da non perdere,per cui ci sono una decina di bimbi che si stringono nel pianale della macchina.
Si scende a poche centinaia di metri dal centro del villaggio,il cancello è arrugginito da un senso di abbandono,questo muro nel mezzo della foresta attaccato dalle piante che lo circondano.
L’atmosfera cambia, i bambini si zittiscono e gli adulti si fanno più attenti,si procede quasi in fila indiana tra i rovi e le vecchie tombe del periodo coloniale di cui nessuno ha mai avuto cura,sino ad uno spiazzo che,pulito da ogni cosa,si staglia nel confronto do tutto quello che ci circonda. Vecchi barattoli di birra,qualche mozzicone di candela su una tomba con la croce tutta arrugginita,fanno di cornice a noi che pazientemente aspettiamo che uno dei muratori della “Casa delle Api”attacchi con il cemento questa fotografia.
Salta agli occhi che la tomba della moglie di Samba non è l’unica tomba pulita,vicino ci sono altre due tombe che portano i segni della pulizia e un piccolo mazzo di fiori di plastica. La storia di queste tombe,in particolare di una,è interessante da sapere,la signora Isabel Saudade Oliveira morta nel 1974 era la moglie dell’amministratore locale al tempo della dominazione portoghese,suo marito era una persona che non faceva mistero di odiare la gente dell’UNITA che in quei tempi aveva iniziato i suoi attacchi alla popolazione portoghese e in questa maniera cercava di scacciare i dominatori.
Quel giorno il marito era andato in una aldeia vicina, un commando dell’Unita, per punire le dure parole che usava contro di loro,entrò in casa con l’intenzione di uccidere ma trovarono solo la donna che fu l’unica a subire questa dura punizione al posto del suo sposo. Samba racconta che era una donna giusta che aiutava la gente e quindi con grazia,forse per pagare uno scotto non suo ma del suo popolo che cerca di tenere pulita la tomba per dare un aspetto migliore a questa morte.
Il muratore ha finito e quindi sulla semplice croce di cemento che riporta i dati della moglie solo incisi nella parte orizzontale con un semplice chiodo, adesso appare anche una foto di una signora serena con gli occhi aperti (ma questa è una altra storia) che guarda verso di noi,circondati dai bambini ammutoliti,recitiamo tutti assieme un Padre Nostro,ognuno nella propria lingua,per accompagnare questo momento commovente.
La faccia di Samba,il padre più vecchio,come si usa dire da queste parti,porta i segni di questa commozione e la nostra presenza tutti assieme la rende più intensa.
Sarà un altro ricordo profondo che ci porteremo dietro,quando ritorneremo a casa. Ora la giornata può finalmente incominciare.
Claudio Tommasini

 

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acqua, questo liquido trasparente

Giovedì 8 Luglio 2010

Acqua,questo liquido trasparente che nelle nostre case arriva sotto forma di bottiglie e magari aprendo solo un rubinetto, la vediamo sgorgare e scorrere senza interruzione…..viene sprecata, usata male, abbiamo gli inaffiatoi che ad una certa ora bagnano senza pensieri i nostri giardini.
Nella sviluppata Europa si trovano anche per le strade gratis…..per tutti!!!!
Qui invece siamo a Cangumbe-Moxico-Angola e l’acqua acquista un diverso significato…è ricchezza, è vita…è quella cosa che ti permette di cucinare, di lavarti di rendere la tua diversa, di elevarla dal ruolo di disperato a quello di una vita normale.
Basta poco, per una famiglia di 6-8 persone una tanica di 20 litri è sufficiente per l’uso quotidiano, per tutta la famiglia!!!
Le cose cambiano quando la macchina di Lumbelumbe va al fiume….stiamo costruendo una casa e l’acqua è indispensabile per continuare il progetto, il posto più vicino è un piccolo lago a circa 3-4 chilometri dal paese e ogni giorno si vedono ragazze, bambini, mamme che con i secchi sulla testa affrontano questo percorso per arrivare a caricare qualche litro per il fabbisogno, ma la macchina li non arriva.
Le cose cambiano quando la macchina di lumbelumbe va al fiume, il fiume più vicino è il rio Sassa che passa vicino a tanti villaggi ed uno in particolare, il barrio Sacipopa a circa 6 chilometri da Cangumbe è quello dove, si va a fare acqua. Li la macchina di LumbeLumbe può arrivare
Forse manca un particolare importante per capire il tutto,  Cangumbe è un villaggio di circa 2500 persone, non ha acqua.
Nel tempo di pioggia viene raccolta quella piovana ma oramai sono diversi mesi che non piove e tutta la popolazione ne risente, ne risente l’igene, ne risente la campagna, ne risentono i bambini abituati a lavarsi sotto gli scrosci della pioggia.
Le cose cambiano quando la macchina di lumbelumbe va al fiume,non avendo la possibilità di avere acqua per la costruzione, bisogna andare a prenderla al fiume, con le taniche, in macchina e trasportarla sino alla casa.
Considerato che per riempire la macchina ci vogliono minimo 25 taniche e noi non ne abbiamo tante in uso, è diventata consuetudine che si carica anche qualche tanica dei locali che vengono a darmi una mano,così in poco tempo si riesce a fare 2 viaggi,sia per l’opera di costruzione sia per la popolazione che muore di sete … in questo modo riusciamo ad accontantare un po’ di persone  e tutti sono contenti!!!
I bambini di Sacipopa oramai conoscono la macchina e quando arriva vengono al fiume per trasportare le taniche vuote e magari riempirle nell’acqua, sanno che qualche volta ho miele con me oppure qualche banana e magari questo sarà l’unica cosa che riescono a mettere nello stomaco. Il grido lumbelumbe, con il mio lumbe di risposta, risuona spesso nella piccola vallata che circonda il fiume Sassa
Claudio Tommasini

 

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Una giornata a Cangumbe

Lunedì 5 Luglio 2010

La sveglia è presto al mattino,in Italia raramente mi sveglio così, alle 5,30-5,40 la sveglia squilla e mi riporta dal mondo dei sogni a quello della mia stanza a Cangumbe.
Bisogna vestirsi per andare in cucina…fa freddo, chi può pensare che in giugno in un villaggio dell’Africa,un uomo del nord come me che vengo da Trieste abbia freddo.
Cucina, acqua sul fuoco per il the, tutte le cose che si fanno al mattino e poi piano piano una nuova giornata africana inizia.
Fa freddo, Massimo è con due maglioni, io resisto con una felpa sulla veranda, al rito mattutino della sigaretta.
Aspettiamo l’arrivo di Fiorentino, il capo-mastro- che farà-mata bicio-colazione con noi e faremo il punto della giornata.
Devo andare al fiume con Albano-traduttore ed apicoltore-,mi faccio un caffè,abitudine italiana dura a morire,
Tra un attimo dovrebbe arrivare Francisca-cuoca-e quindi preparo farina e lievito per il pane fresco, e tutto il necessario per il pranzo.
Oggi riso con una salsetta che mi sono inventato con l’avogado….ne abbiamo un albero pieno nel nostro giardino della casa dei volontari…bisogna mangiarli!!! Prima non erano maturi ed ora in pochi giorni sono tutti pronti.
Avocado tagliato a pezzetti, cipolla, aglio, un poco di olio d’oliva, sale…peperoncino a volontà..salsa pronta ed anche il pranzo.
Vado alla casadella Api e saluto la poca di gente che incontro per strada, il saluto è importante in Angola, tutti quelli che incontri ti dicono, buongiorno, e dovresti fermarti a parlare con loro almeno un “come hai passato la notte” è d’obbligo, si vede che il tempo scorre diversamente a queste latitudini.
I locali quando si incontrano si fermano a parlare almeno 5-10 minuti, è un piacere sentirli anche se capisco solo un paio di parole che si dicono, parlano in cwoke, la lingua locale.
Comunque arrivo alla casa e parlo un poco con i nostri lavoratori, organizzo al meglio la giornata, divido i compiti.
C’è da finire la scalinata frontale, iniziare quella sul retro, piastrelle nei bagni, Antonio-carpentiere in ferro-mi chiede spiegazioni sulle inferriate delle finestre, faccio il conto dell’acqua che ci rimane….torno alla casa e poi si parte per il fiume.
Si fa sera, la giornata da fredda, al mattino, con il cessare del vento è arrivata ad essere calda in certi momenti afosa ed ora, sonole 17.00, si ritorna verso casa stanchi di una giornata di corse, il sole sta calando.
Passando per strada vedo, un piccolo campo di calcio con dei bambini che giocano, sulla strada principale altri ne occupano tranquillamente il centro e giocano nella sabbia, la stanchezza passa, ti fermi a guardare, il cuore si riempie di gioia a vedere quanta vita c’è ancora il quelle gambe striminzite che corrono dietro la palla, il sole che cala dietro fa da cornice con la capanna a questo spettacolo e sai di aver passato un’altra incredibile giornata in Africa. di Claudio Tommasini

 

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Luena 16 Aprile 2009

Venerdì 30 Ottobre 2009

Può un popolo assoggettato a quattrocento anni di pura violenza, nuovo di una guerra senza frontiere,  ricominciare a vivere in nome di Dio e dell’Amore?

Quanto va giustificata l’espressione ‘violenza genera violenza’?

É giusto ritenere ‘normale’ che il bambino battuto da piccolo batta a sua volta da grande, o si rischia di giustificare così tutti gli atti di violenza?

Dalla rete che divide la mia casa da quella del vicino, urlando con il sapore delle lacrime sulle labbra chiedo ancora una volta a quella ragazza di smetterla, di lasciare quel bastone di ferro a terra, Luiza piegata in avanti urla disumanamente quando il bastone le tocca le vertebre sporgenti, o quando con forza affonda nel suo cranio, cerca di ribellarsi, si agita, cerca di fuggire, ma è inutile.

Il cuore mi si riempie di rabbia, la vista tende quasi a diminuirmi, i miei buoni principi sono già andati a farsi fottere,  le mie richieste si sono trasformate in insulti, farei qualsiasi cosa pur di fermarla, poi Luiza quasi esausta cade a terra e l’incubo finisce.

Luiza è la figlia adottiva della  mia vicina di casa, è la figlia abbandonata di un suo lontano cugino, che lei ha deciso di accogliere in casa.

Luiza è la figlia adottiva della  mia vicina di casa,  non si avvale di una discendenza diretta dal capo famiglia, non ha diritti, ha solo doveri.

Luiza è la figlia adottiva della mia vicina di casa, qualsiasi cosa succeda, la colpa ricade su di lei.

Luiza è la figlia adottiva della mia vicina di casa, stamattina è stata massacrata da una ragazza di pochi anni piú grande con un bastone di ferro perché non voleva andare a prendere l’acqua al fiume.

Luiza è la figlia adottiva della mia vicina di casa ed ha un ritardo mentale, a volte ha difficoltà a capire che cosa le viene chiesto.

Luiza è la figlia adottiva della mia vicina di casa destinata forse a morire a causa di una incomprensione.

Luiza è la figlia adottiva della mia vicina di casa, ha un ritardo mentale e con una voce carica di dolore stamattina ha urlato:

“Non sono la tua schiava, la schiavitú è finita.”

Ho letto tanto nella mia vita, credo di aver passato metà della mia vita a leggere, sono dottoressa in storia e cultura del Brasile, una ex-colonia portoghese al di là dell’Oceano Atlantico dove dalla metà del cinquecento sono stati deportati milioni di schiavi angolani. Quanti trattati sulla schiavitú avrò letto? Ho assistito a dossier, ho visto film, documentari, ho letto testimonianze ma fino a stamane non avevo idea di che cosa significasse davvero la parola schavitú e di quanto questo germe possa entrare nella vita di un popolo ed infettarne le viscere e cibarsi di esso.

Ho letto tanto nella mia vita, poi oggi ho visto.

 

Valeria Pennella

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Luena 12 Aprile 2009—Pasqua

Venerdì 30 Ottobre 2009

Emozioni, sensazioni, sorprese, preghiere, si chiude oggi una settimana intensa, piena, soprattutto di noi.

Da dove cominciare a descrivere questi meravigliosi sette giorni…… da qui:

i bambini del Moxico non piangono, i bambini del Moxico si sentono forti, protetti, i bambini del Moxico sanno di essere la ricchezza delle loro mamme.

Per strada le donne, le giovani e le non, camminano portando legati alle spalle i loro piccoli che come scimmiette si aggrappano sostenuti da un panno cinto ad arte sui fianchi di coloro che gli hanno dato la luce, e felici di aver ottenuto un passaggio che durerà anni osservano il mondo.

Ci sono studi e riceche effettuati nei paesi sviluppati che sostengono che la prossimità fisica del bambino alla mamma aiuti a crescere in lui un senso di fiducia e di tranquillità, non so come sia ma il legame madre figlio qui va al di là di un semplice marsupio.

Guardo ammirata, stamane in chiesa, ieri notte e sempre, la cura che le mamme, a volta appena ragazzine ripongono nell’educare e crescere i loro figli, sono sempre presenti, sempre vigili, sempre dolcissime, illuminando col loro amore semplici gesti, semplici carezze o sguardi che vicendevolmente si concedono.

Il Moxico è la terra dei sentimenti espressi, non è difficile incontrare per strada ragazzini che si tengono per mano o che si fanno una carezza, padri e figli, anche non piú tanto piccini che si scambiano teneri affetti.

Nel Moxico non esiste la parola ‘diverso’, le menomazioni fisiche non sono consideate tali, essere una giovane ragazza inferma del Moxico, mancante di un braccio o di una gamba, significa assolutamente non badare alla differenza, essere stati storpiati dalla poliomelite non ti impedirà di sposare un giovane aitante e bellissimo, a volte ho quasi l’impressione che in questa terra le persone siano capaci di vedere quella che sei, al di là dell’aspetto fisico.

Giovedì Maria José Flavia e Felicidade si sono svegliate presto per caricare il pick-up, le attendevano tre giorni di preghiera e di oratorio in un villaggio distante 300 km da qui, piú o meno sei ore di viaggio fra elicotteri abbattuti, carriarmati e terreni minati. Ci siamo salutate, poi Maria José mi ha lasciato un pacchetto nelle mani, conteneva una preghiera e un crocifisso intrecciato da lei la sera precedente usando le cortecce del legno utilizzato in settimana pe costruire un odjango.

 Alcune cose non hanno prezzo, lasciamo la nosra famiglia per andare lontano, ma ci rendiamo conto nel cammino che quella alle nostre spalle era ed è solo una piccola parte di una piú grande famiglia sparsa nel mondo.

 

Valeria Pennella

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Luena 6 Aprile 2009

Venerdì 30 Ottobre 2009

-          Sveglia Valeria, o faremo tardi al mercato!

Non è tardi affatto, ma Flavia si è svegliata prima e le diverte battere alle porte la mattina presto, nascondersi al buio della notte negli angoli vuoti della casa, qualche giorno fa mi ha chiuso nella stanza dove stipiamo i cibi, in compagnia di un ratto: è una persona meravigliosa, ha sempre la forza per una nuova risata, sola al mondo e nonostante questo con una voglia di vivere che le trasuda dagli occhi.

Arriviamo al mercato quasi alle 9:00, i prezzi sono alti anche qui, ma un poco piú accessibili, le strade sono piene di rifiuti, sacchi del riso riempiti di terra si stringono forti gli uni agli altri in una precaria ed instabile passerella che permette di attraversare i blocchi di banchi.

C’è tanto pesce secco, tante montagnette di vermi, katato come li chiamano qui, specie di lombrichi che mangiano come accompagnamento di una polenta mista, il funji per l’appunto.

I banchi di carne sono pochi, c’è solo  pollo, la verdura è relegata a poche decine di banchi ed è davvero molto costosa.

Le mosche sono le padrone del mercato, volano dal pollo al pesce ai rifiuti, ai tantissimi monti lasciati all’aria di zucchero, farina, sale e ti si lanciano addosso rapide, intense, come proiettili.

In alcune zone l’odore è forte, sono tentata di coprire il naso con la mano, ma poi il rispetto per questo popolo prende il sopravvento e finisco per abituarmi all’odore portando a casa solo un lieve mal di testa come effetto collaterale.

Contrattare sul prezzo delle cipolle piuttosto che delle patate mi rimanda ai mercati della mia città, dopo circa tre ore riusciamo a portare a casa riso, piselli, patate, cipolle, una zucca, che non manca mai nella nostra cena e venticinque chili di riso, possiamo ritenerci soddisfatte.

Avremmo bisgno di comprare il pane, ma scendere in città dove sono i panifici è un pò rischioso, non abbiamo i documenti della macchina, che abbiamo inviato a Luanda per il rinnovo, e la polizia potrebbe crearci non pochi problemi.

Stanche per l’intensa mattinata e con le teste calde per il tanto sole torniamo a casa pronte ad affrontare una nuova settimana angolana.

 

Valeria Pennella

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Luena 5 Aprile 2009 ‘Domingo dos Ramos’

Venerdì 30 Ottobre 2009

É giá arrivata la Domenica delle Palme, Daniele è via a Cangumbe, Maria José batte con forza alla mia porta:

- Sveglia Valeria, o ci perderemo la processione.

In cucina la colazione è già pronta, quella di ieri non era affatto l’ultima pioggia, piove ancora, ma questa volta è lenta sottile non da quasi fastidio, vestiamo gli impermeabili e ci dirigiamo all’ingresso del Campo Santo, da lì partirà la processione, per strada Felicidade pocura qualche foglia di palma che intrecciamo per prendere parte alla funzione.

Il cammino dal cimitero alla chiesa non è molto, lo si percorre però adagio, le strade sono coperte di fango, le donne intonano canti in Cokwe, anche la messa viene celebrata nelle due lingue: quella cokwe appunto e quella dei portoghesi, dei colonizzatori.

Anche in chiesa come sempre riesco ad estranearmi, sono sempre in un altro dove e in un altro momento, è l’effetto della musica che si riversa nella vita di questo popolo.

Sembrano quasi canti goospel, sebbene io di cokwe non abbia ancora imparato quasi nulla, riesco a percepire una forza dettata dalla sofferenza, immagino gli anni di schiavitú, le disumane condizioni di vita, le deportazioni, le sofferenze, poi ritorno con la mente laddove è il mio corpo, in chiesa.

La sala è gremita di persone, donne dalle mille stoffe colorate sulla sinistra,  uomini coi vestiti della festa sulla destra e ancora una volta semplici sguardi mi insegnano una vita: la meraviglia di questo popolo, del popolo del Moxico sta nella capacità di concentrarsi su ció che ha piuttosto che su ció che non possiede.

La messa dura tre forse quattro ore, l’odore è forte ma ci si abitua quasi subito poi il pranzo a casa dei padri salesiani e dritti a casa per un pò di riposo.

Nicola inizia con la sua insofferenza alle quattro mura, non gli piace stare in casa, in realtà perché farlo quando fuori ti aspetta un mondo di sensazioni ed emozioni sempre nuove, appena arriva Italo usciamo di casa e ci dirigiamo al fiume.

Piove ancora, ma abbiamo gli impermeabili, la camminata ha una durata di circa un’ora, un’ora e mezza, fra alberi di banane, siepi di piante che producono lattice, canne da zucchero, case del periodo coloniale risistemate alla meno peggio ed ora abitate, inter cortili tra case di fango e persone animali bambini.

Poi il fiume si apre e dall’alto il macello sovrasta la zona, una nuova emozione, una nuova scoperta, un momento ancora per ringraziare Iddio.

 

 

Valeria Pennella

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Luena 4 aprile 2009

Martedì 20 Ottobre 2009

Piove, un odore di terra acre si mistura a quello dei rifiuti, per strada i bambini sembrano non accorgersi dell’acqua, continuano a giocare, battono gli alberi per far cadere i frutti e si impasticciano nel fango che si sta creando, le galline scuotno le penne, poi ricominciano a beccare.

L’aria è fredda, in casa c’è il silenzio, resto in veranda ad osservare, ad ascoltare  la pioggia, il sovrappensiero mi riporta qui ed ora il belare di una capra selvatica, la pioggia si ferma alcuni istanti, poi ricomincia.

Nessuno semba notarla, eppure la pioggia è fitta, tutto prosegue come sempre, il cielo è coperto e questo mi mette un pò di tristezza.

Di solito quando la nostalgia mi prende mi basta alzare lo sguardo al cielo e allora tutto scompare, la gioia di essere qui sovrasta tutti gli altri stati d’animo.

Il cielo d’Angola, vorrei potervelo spiegare, vorrei potervelo mostrare, magari attraverso una foto, ma sarebbe inutile, non ci riuscirei: di giorno la sua sola vista ti avvicina a Dio, al tramonto si veste di così tanti colori che, nonostane siano già tre settimane che mi fermi ad osservarlo, continua ogni sera a stupirmi, di notte poi  nel bagliore di una luna che fa da guardia, milioni di stelle brillano e splendono e si accendono, e poi si spengono, si avvicinano poi si allontanano, e nasce in me come l’impressione che mi conoscano, che io le conosca, che in realtà facciano parte di me.

Sposto le tende e continuo ad osservare la pioggia che cade, oggi la mia testa è piena di domande a cui avevo promesso da tempo dare delle risposte: quando la freneticità della vita cede il posto ai ritmi della natura il pensiero si riappropria del posto che aveva, le tante cose che avevi dimenticato, o che avevi volontariamente messo da perte  ritornano alla mente, e non puoi nasconderti nel caos della quotidianità e rimandarle a data da definire, arriva il momento di affrontarle, di affrontarsi.

La pioggia diventa sempre piú fitta, aumenta d’intensità e come funghi spuntano bambini da tutti i cespugli e in una corsa senza meta galline capre maiali e bambini si mescolano, tutti verso la stessa direzione, è il temporale.

I ragazzi in casa vengono svegliati dal rumore dei tuoni e dall’acqua che batte sulle lamiere del tetto, Nicola corre con la sua reflex a fotografare la scena, l’acqua è davveo tanta.

Forse questa è l’ultima pioggia, sono giorni che sento parlare di lei, una fitta, intensa, violenta pioggia che sancisce la fine del periodo da chuva e l’arrivo del caldo inverno, due bambini con slip verdi fluo corrono scalzi per la strada, ridono, si divertono, eppure fa freddo, l’aria si sta gelando rapidamente.

Lattine di coca, sacchetti di spazzatura, rifiuti vari vengono trascnati rapidi dal fiume di melma che si è generato davanti casa, alcuni pulcini approfittano del passaggio per ritornare dalla loro mamma, le capre si riparano sotto gli alberi, per qualche ora tutto si cristallizza, sembra di essere in una cartolina di Natale inviata da qualche organizzazione o associazione in ricerca fondi,  poi la piogga termina, è quasi sera, la vita si riversa nuovamente per le strade e tutto sembra essere tornato alla normalità.

 

Valeria Pennella

 

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