Roberta Ambrosi
Eccoci arrivati alla conclusione del corso con le giornate a Monte San Martino. Che bella conclusione, che bell’inizio! Soprattutto…che impatto ha suscitato (ogni volta…e ancora una volta, grazie alla prof.ssa Ranuzzi) toccare con mano l’esperienza dell’incontro con l’altro, chiunque esso sia: un amico di un altro Paese, le compagne di corso, l’anziana signora davanti alla chiesa del paese, le suore che ci hanno ospitate. Che impatto suscita riscoprire l’importanza delle persone, delle loro storie. Così il cerchio si è chiuso, facendoci tornare a riflettere sulla centralità dell’uomo.
Cuore e rigore. Il prof. Alinovi ci aveva insegnato, ormai alcuni mesi fa, che questa addizione doveva essere il punto di partenza per accostarsi alla povertà. Ci vuole sempre abbastanza cuore da non perdere la cognizione della cruda realtà della fame. E abbastanza rigore per considerare ogni componente del meccanismo che si vuole mettere in moto. Si sa che l’economia è una scienza inesatta per via delle innumerevoli variabili in gioco: cercare di trascurarne il meno possibile invita necessariamente a relativizzare. E quindi anche a mettere in discussione modelli economici elaborati in modo tanto ordinato, elegante e apparentemente infallibile, per ascoltare cosa ha da dire un popolo di se stesso. Ecco, appunto: che storia ha da raccontare.
Dove l’economia incontra la storia, perde astrattezza, ma trova ulteriori significati, a volte decisivi per capire. “Una storia, di una persona come di una cosa, non solo può rivelare una vita, ma può fare luce sul mondo più ampio che ha modellato quella vita stessa” (Pietra Rivoli, economista).
A ben guardare, tutte le preziose testimonianze che abbiamo ricevuto nel corso delle lezioni hanno confermato l’importanza delle storie. A guardare ancor meglio, erano esse stesse delle storie. Sono state testimonianze vive, ma soprattutto vivaci, come spesso vengono ricordate le esperienze di incontro, quelle in cui differenza e processi di conoscenza reciproca generano goffi e divertenti tentativi di adattamento e vicinanza.
Oltre al cuore e al rigore, tutti hanno indicato un altro ingrediente, irrinunciabile se si vuole osare accostarsi all’altro: l’umiltà, quella che si traduce nel rassegnarsi ad essere uno in mezzo a sei miliardi di altri su questa Terra come noi.
E’ incredibilmente bello incontrarsi senza dover insegnare, imporre, criticare, ma con il più naturale impulso ad imparare. Che delicatezza, ma che forza hanno avuto alcune testimonianze! Qualche settimana fa, una persona qualunque tra i sei miliardi mi ha spiegato che viaggia ogni anno in Africa: dice che andare una volta l’anno in Africa serve per “ridimensionarsi”. Quanto è vero, quanto ridimensiona l’Africa! Obbliga a ricordare che potremmo fare a meno di tutte le nostre cose, ma non possiamo fare a meno di buone relazioni con gli altri per vivere bene.
Chissà che riflessioni farebbero nel visitare il nostro mondo tutti quelli che non potranno mai farlo! Mentre me lo chiedo, mi torna in mente una lezione importante, che cercherò di non dimenticare: ogni giorno, senza spostarci, il nostro è un viaggio in una realtà affascinante e sconosciuta, piena di errori e conquiste, di persone e di storie. Mai banali. Ogni giorno è qui per noi per provare a migliorare la nostra casa e per sederci un attimo ad ascoltare la storia del nostro compagno di viaggio.