La tavolozza della speranza

Sono tornata a casa con le mani sporche di acrilico, con una tavolozza disegnata sui palmi e sulle dita, con addosso la gioia dell’infanzia di aver potuto mescolare i colori con le dita. “Mi sono sporcata le mani” posso dire citando Italo Governatori, presidente di LumbeLumbe, e i suoi racconti sull’Africa. Mi sono sporcata le mani nella casa di contrada Aucca, a Penna San Giovanni (Mc), ospite di nonno Raffaele, che l’ha costruita, anche lui, con le sue mani, mattone dopo mattone, insieme ai compagni di corso di solidarietà e di cooperazione internazionale, organizzato da LumbeLumbe. Dall’Aucca è partito il cammino per costruire, tutti insieme, il nostro progetto “dal 12 al 12”, realizzato insieme alla Provincia di Macerata, alla Comunità Montana dei Monti Azzurri, ai Comuni di Sarnano, Penna San Giovanni, Sant’Angelo in Pontano e Monte San Martino, che ci porterà in piazza, nel capoluogo maceratese, il 12 giugno per celebrare la “Giornata mondiale per il contrasto allo sfruttamento del lavoro minorile”. Piazza dove saranno esposte tele colorate delle dimensioni del quadro di Picasso “Guernica”, 3,5 per 7,8 metri. Noi corsisti, insieme ai tre angeli custodi dell’arte, Alessandro, Federica, Sara, arrivati ad aiutarci dall’Accademia di Belle Arti di Macerata, ai “romani” Roberta, Annarita, Stefano e Roberta, una felice coppia “immortalata” nel lavoro collettivo, ai pennesi Silvia e Sebastian, gentili salvatori del mio materassino per dormire, abbiamo vissuto tre intensi, e impegnativi, giorni del workshop per diventare Team Leader di Scream-Supporting Children’s Rights through Education, the Arts and the Media, una metodologia costruita per coinvolgere i giovani sul tema dello sfruttamento minorile. Un percorso in cui siamo stati guidati da Maria Gabriella Lay, già funzionaria dell’Ilo, l’Organizzazione internazionale del lavoro, e da Alberto Filippone, con esperienza pluriennale e internazionale nella formazione di giovani sulle metodologie SCREAM, all’anagrafe un trentenne ma, in realtà, credo un “highlander” dell’aula. Tre giorni “protetti”, oltre che dai loro antenati, da Italo e dalla paziente Ersilia, che hanno messo a disposizione la loro bellissima casa, in una collina marchigiana degna di essere protagonista dello spot che pubblicizza le nostre uniche Marche. Un cammino cominciato con un’avventura quasi pre-Angola. Con una decina di auto, impossibilitate a seguire la guida “speedy” di Italo, padrone del territorio e delle curve su strada sterrata, siamo finiti completamente fuori luogo, persi in una radura a ridosso del fiume Salino. Per fortuna che i contadini hanno sempre coltivato, oltre che la terra, vie alternative alla fame e ai campi. Siamo così scappati da una situazione imbarazzante seguendo la nostra guida che, nel frattempo, aveva moderato la velocità. Il programma di Maria Gabriella e Alberto è durato tre giorni, la mattina, il pomeriggio e anche la sera, con ritmi imposti dal “sabaudo” giovane formatore, forse erede di qualche generale delle truppe piemontesi scese nelle terre del papato in epoca risorgimentale. Comunque, Maria Gabriella ci ha illustrato il funzionamento delle Nazioni Unite e delle sue agenzie, in particolare dell’Ilo da cui è partita la missione di combattere lo sfruttamento del lavoro minorile, ci ha spiegato i valori legati a SCREAM mentre Alberto ci ha messo subito in mano penne, fogli e colori e ci ha tirato fuori tutto quello che c’era dentro di noi, creatività, emozioni, pensieri, idee, proposte, da mettere in campo sul tema dello sfruttamento minorile. Entrambi ci hanno accompagnato, e ci hanno garantito che continueranno, nella strada per diventare formatori del programma SCREAM, a nostra volta, di ragazzi e bambini delle scuole della provincia di Macerata. Dopo questa preparazione, e dopo una domenica sera in cui si respirava aria di festa, peccato il Varnelli fosse così poco, il lunedì ci siamo concentrati sulla nostra grande tela, allestita all’interno dell’ex scuola di Penna San Giovanni (Mc) e realizzata partendo da un bozzetto condiviso da tutti. Ognuno ha messo quel che poteva. Qualcuno ha avuto un’ottima impronta per disegnare, la maggior parte di noi si è cimentato nell’arte del colorare. Ci hanno accompagnati, direi mano nella mano come “frichi” (bambini in vernacolo marchigiano) della pittura social-contemporanea, Alberto e i tre artisti, ormai anche loro parte del percorso, senza possibilità di uscita almeno fino al 12 giugno, e credo anche dopo. Hanno dato il loro contributo il nostro Max Volpe e anche le coordinatrici di Comunità Montana e Comuni, coinvolti nel progetto, che hanno messo sulla tela la loro esperienza di insegnati e di educatrici. Una lunghissima giornata passata letteralmente in ginocchio a costruire l’immagine della nostra visione dello sfruttamento minorile. Non è un’opera d’arte, forse non verrà esposta all’Onu, magari ci arriverà solo in foto, ma rappresenta tutto il nostro sentire. Sabato la finiremo, credo più gli artisti che noi corsisti, ma tutti insieme la guarderemo soddisfatti perché fra quei colori, quelle forme, quelle espressioni, ci sono i nostri cuori. E, soprattutto, c’è il risultato di questi tre magnifici giorni in cui, nella casa di nonno Raffaele, siamo entrati singoli corsisti e siamo usciti come un gruppo affiatato, ricco di gioia e di risate. Un gruppo che, ormai, è sulla strada dell’impegno sociale, della consapevolezza, della “responsabilità”, come direbbe Maria Gabriella, dell’uguaglianza, in cui, scusate la retorica, io ci credo ancora. E, se volete, possiamo urlarlo insieme.
Paola Cimarelli