It doesn’t matter if you’re black or white. I’m not going to spend my life being a color. MJ

Lui è Charly. E’ senegalese e vive in Italia da un po’ con sua moglie ed un bimbo piccolo.
In estate, nei fine settimana, prende spesso il treno per San Severino e vende i suoi braccialetti.
Un giorno lo vidi con indosso una veste bianca, bella, luminosa: mi spiegò che la teneva per ricordare il giorno dell’indipendenza nel suo paese.
Accettò volentieri di farsi una foto insieme. Quando avvicinai la mia mano alla sua, in quel modo, captai la sua sorpresa, e poi commentò ridendo : “ ringo!? ”. L’effetto difatti è proprio quello di panna e cioccolato, o caffè e latte. Colori diversi, ma non solo : culture , religioni , lingue, vite differenti insomma … Eppure comunicazione c’è. Quest’anno, lavorando nella mensa dell’università, ho avuto la fortuna di conoscere diversi ragazzi stranieri. Tentare di capire l’altro mi è sempre piaciuto e suscitato interesse, anche se poi non è sempre possibile. Cerco sempre di conoscere, e apprendere da chi, culturalmente, vede la vita in maniera diversa dalla mia. Godfrey è un ragazzo ugandese e studia farmacia. Inizialmente fu parecchio diffidente. Un giorno a pranzo presi iniziativa e gli dissi : “ Lo so, qui non conoscono il matoke, mi dispiace”. E sorrisi. Ho visto luce e stupore nei suoi occhi, allo stesso tempo. Poi siamo scoppiati a ridere.
Quel termine ugandese funzionò come chiave d’accesso : da allora, quando capita, sediamo addirittura allo stesso tavolo e accompagniamo il pranzo conversando. Dopo la laurea spera di tornare nel suo paese e lavorare come informatore farmaceutico o nel campo della ricerca.
Tuhin è un ragazzo del Bangladesh. Studia biosciences and biotechonology. Comunica solo ed esclusivamente in inglese ma è particolarmente interessato alla cultura italiana e vorrebbe apprendere la lingua. Parliamo quasi tutti i giorni in chat e anche con lui è capitato diverse volte di pranzare o cenare insieme.
Michael è invece un venditore ambulante di origine nigeriana. Vive in Italia ma ha la sua famiglia in Ucraina : moglie, e due figli piccoli.
E’ una persona gentilissima. Un sabato d’estate, poiché passò verso l’ora di pranzo, chiesi ai miei il permesso di farlo pranzare con noi. Quel giorno, insieme ai miei e mia sorella, ebbi la gioia di avere a tavola anche lui. Due anni fa, decisi di mia iniziativa di preparare circa cento biglietti per augurare un buon Natale a tutti gli anziani della casa di riposo nel mio paese : il giorno della vigilia andai con un’amica per distribuire i pensierini. Alcuni di loro baciarono la foto dell’angioletto sul biglietto come fosse un santino. E furono contenti di quel gesto come se avessero ricevuto chissà cosa. Io entrai nel ricovero con incertezza e timore; ne uscii con una sensazione di appagamento, e lo spirito del Natale appena ritrovato. Non ho esperienze nel campo della cooperazione, purtroppo. Io colleziono con gioia momenti di solidarietà e condivisione come questi. Ne faccio tesoro. E non guardo la diversità in una persona insomma, ma il cuore.
Sarei un’ipocrita se dicessi che il diverso non mi colpisce: mi colpisce, ma nel senso più positivo del termine. La diversità si nota, è vero, ma non lascio che mi influenzi, o peggio, mi limiti, mi freni. Son del parere che le diversità altrui siano motivo di crescita e miglioria per la persona.
E’ inutile andare contro il diverso perché omosessuale o perché nero : ognuno di noi pur appartenendo alla stessa cultura, è comunque differente nel suo essere (potremmo andare contro tutti allora). Ma questo non è un male, tutt’altro. Ciò che mi dà rabbia è approfittarsi delle differenze e il fatto che esse vengano spesso confuse con le diseguaglianze. La differenza c’è, esiste, è un dato fattuale : avere un certo colore di pelle, piuttosto che un altro. La diseguaglianza è invece giudizio di valore. E giustificare un atteggiamento nei confronti di qualcuno perché possiede determinate caratteristiche innate, diverse dalle mie, è sbagliato e inutile : non conduce a nulla di positivo, ancor meno costruttivo, anzi ,distrugge. Due amici della stesso paese sono essi stessi diversi tra loro: uno più timido, l’altro più estroverso; uno credente, l’altro ateo. Eppure, condividono la vita. Se io andassi in Africa, potrei continuare a considerare diverso il bambino di colore, scarno, che indossa un paio di mutandine e se ne va scalzo per il villaggio?Potrei invece essere io il diverso ai loro occhi?
Nella cultura occidentale rientra nella concezione di diverso tutto ciò che si allontana dalla nostra tradizione. Ma un italiano, non è tanto diverso da un americano quanto può esserlo un indiano? Tutto dipende insomma dall’ottica con cui si osserva. E come si osserva. Diverso è spesso tutto ciò che si discosta dalla norma. Ma il concetto di norma è relativo, è una convenzione. Inutile porsi in un piano superiore. La comunicazione è già tanto difficile di per sé, troppo, piena di inconvenienti e incomprensioni, e noi la complichiamo creando barriere impenetrabili. Pensando alle difficoltà di approccio che si possono avere quando ci troviamo di fronte qualcosa o qualcuno “di nuovo”, mi viene in mente un assioma del metodo comparativo.
Quando il giurista effettua una comparazione tra ordinamenti giuridici, ha il dovere di porsi in una condizione di neutralità assoluta, perché la comparazione esige un esame imparziale che non comporti una stima del loro valore. Lo scopo è quello di studiare i vari modelli per individuarne differenze e somiglianze, e colmare possibili lacune presenti nel proprio modello, prendendo spunto dagli altri. Questo è possibile per quel giurista che si spoglia dei criteri di valutazione appartenenti al proprio ordinamento, per assumere piuttosto, criteri interpretativi propri dei singoli ordinamenti. Allo stesso modo fa il sociologo, ad esempio, l’antropologo, ecc.
Insomma, tutto questo a parer mio dovrebbe essere trasportato nella quotidianità, ogniqualvolta abbiamo l’occasione di rapportarci con l’altro, con qualcuno che anche solo leggermente si presenta comunque differente da noi … Come fossimo, in un certo senso, piccoli comparatisti.
E ci arricchiremo. Non siamo costretti a condividere ciò che non ci piace, ma possiamo ed è giusto rispettarlo.
E’ un po’ come quando sta nascendo un’amicizia con una persona. Qualcosa di lei ci piacerà, qualcosa forse meno. Possiamo accettare e condividere ciò che non ci piace se la voglia di averla come amico è più grande, oppure decidere di terminare lì la conoscenza, mantenendo rispetto…… continua

Lucia Palmioli